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630 Alessandra Mita Ferraro
nistrativo, culturale e religioso, precedentemente disperse in figure dif-
ferenti, privando di ogni potere i consigli decurionali della città. A Como
fu assegnato il toscano Giuseppe Pellegrini che riuscì, in breve, a rac-
cogliere la stima dei locali.
Nella sola città di Como, che coi sobborghi aveva una popolazione
di circa 15.000 abitanti, nel 1786 - dopo che il 26 novembre 1784 era
entrato in vigore il decreto governativo che vietava l’importazione di
stoffe straniere nelle province ereditarie - i telai attivi risultavano 928
(contro i 387 del 1780). L’organizzazione rimase basata sulla distribu-
zione del lavoro a domicilio o in piccole botteghe con un numero ridotto
di telai, generalmente cinque o sei, estremamente frazionata fra tutti i
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sobborghi della città e all’interno delle mura . Le condizioni vantaggiose
della vendita dei tessuti e il guadagno maggiore attirarono nel settore
una manodopera di estrazione agricola, scarsamente specializzata. La
lavorazione si svolgeva quasi esclusivamente per conto di mercanti
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residenti a Como . L’attività dei telai aveva però un andamento del tutto
irregolare e difficilmente prevedibile: a distanza anche di poche setti-
mane, al lavoro intenso subentrava la totale inattività e proprio il pro-
cedere ondivago e imponderabile acuiva alcuni problemi sociali, prima
sconosciuti.
Nei quattro anni che precedono il tumulto dei tessitori (1790), il
governo fu particolarmente vigile nel monitorare la condizione del seti-
ficio comasco. Lo dimostra il fittissimo carteggio fra l’Intendente politico
e il governo centrale. Ripetutamente da Vienna e da Milano furono
chiesti chiarimenti sulla modesta qualità dei prodotti, che si riduceva
alla produzione dei «mantini» ed era priva di tessuti più pregiati come
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le «moare e i lustrini» . La causa principale della qualità scadente dei
materiali e della sua conseguente lavorazione derivava dalla cattiva
trattura del bozzolo e dall’impiego di manodopera costituita soprattutto
8 È la relazione statistica stesa dal perito camerale Giovanni Valentini nel 1787 dalla
quale si ricava che l’aumento del numero dei telai non corrispose a una maggiore con-
centrazione degli stessi in aziende di maggiore dimensioni, in Asco, Camerale, c. 23, rap-
porto del 19 aprile 1787 e Ivi, Prefettura, c. 411, fasc. 43. Per i dati relativi al numero
dei telai attivi, A. Cova, L’alternativa cit., p. 193.
9 «Egli è vero, che molti, intenti ad altri esercizi, quello abbracciarono di tessitore,
parte per moda, parte per lusinga di miglior agio, e mi si dice, che i falegnami, e i sarti
scarseggin ora di giovani», Lettera del cavaliere conte Giambattista Giovio gentiluomo di
camera di S.M.I. al Signor Regio Intendente Politico don Giuseppe Pellegrini, [Agnelli],
[Lugano], 1787, p. 24 e B. Caizzi, Storia del setificio comasco. L’economia, Centro Lariano
per gli Studi Economici, Como, 1957, pp. 24-26.
10 Lo leggiamo anche nelle dichiarazioni di Beccaria espresse nella consulta gover-
nativa del 3 e 17 dicembre 1787. C. Beccaria, Atti di governo. Serie 4, 1787, a cura di R.
Canetta, in Edizione Nazionale delle Opere di Cesare Beccaria, 16 voll., diretta da L. Firpo
e G. Francioni, Mediobanca, Milano, 1984 - 2009, IX, pp. 854-864, già in C. Capra, La
Lombardia cit., p. 426 e B. Caizzi, Storia del setificio cit., pp. 20, 22.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017 n.41
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)