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Il tumulto dei tessitori a Como nel 1790 633
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volute da Wilczeck , solo all’Intendente di Como, cui si chiese di agire
«col segreto che esige la delicatezza dell’assunto»: per il timore di non
riuscire a far fronte alla grave situazione, si domandò se il «Satellizio e
le Guardie di Finanza […] bastino a prevenire ogni inconveniente, o se
sia necessaria qualche maggiore assistenza, e di tal caso ne proporrà la
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quantità e il tempo durante il quale dovrà essergli continuata» .
Le proposte dell’Intendente furono giudicate positivamente da
Beccaria, che presentò una relazione in marzo: condivisibili erano la
stesura di un’equilibrata «legge disciplinaria» e l’inserimento di premi
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in denaro per i tessitori ; suggeriva però di non «permettere ad alcun
fabbricante di crescere la mercede all’operaio» per evitare le inevitabili
discussioni. Non nascondeva che restava il rischio dell’emigrazione ma,
nel suo complesso, quanto suggerito dall’Intendente gli sembrava
«assai provvido e moderato». Quanto poi all’opportunità di scegliere tra
un editto generale o, per il momento, limitato a Como, dove «il disordine
sembra più urgente», si rimetteva al parere della Camera di Commer-
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cio . Comunque l’Intendente allertava i superiori prevedendo che i
momenti più critici sarebbero stati i primi «quindici o venti giorni dopo
la pubblicazione» dell’editto, quando si sarebbero dovute prevenire pos-
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sibili sedizioni di «2500 operai» . Su questo, aggiungeva il Marchese,
convenivano l’Intendente politico, il Pretore e l’Intendente di Finanza,
che chiedevano di «procurare il più forte braccio militare, la di cui sola
18 Le bozze delle comunicazioni sono datate 25 e 28 febbraio e nella seconda si fa
riferimento alla nota supplementare per Pellegrini ora in C. Beccaria, Opere cit., IX, p.
171 nota 1654.
19 La richiesta non era peregrina come si sarebbe visto proprio tre anni dopo. L’In-
tendente, infatti, non disponeva di una forza pubblica alle proprie dipendenze e in caso
di bisogno, doveva impiegare corpi di politica pretoriali (quali gli addetti alla custodia
delle carceri), le guardie di finanza o eventuali distaccamenti dell’esercito nei casi più
gravi. Nelle comunità rurali si occupavano della sorveglianza i cosiddetti uomini d’arme
eletti dai deputati d’Estimo ma abilitati a portare le armi grazie a una patente che per
tre anni era rilasciata dall’Intendente. Poiché non rappresentavano eccezioni gli abusi
nell’uso improprio delle armi da parte di costoro, i Cancellieri avevano il compito di
aggiornare la loro condotta sempre all’Intendente. La funzione degli uomini d’arme era
preziosa soprattutto in occasione delle pubbliche adunanze: convocati e pubblici incanti.
G. Rovelli, Storia cit., pp. 149-150, 176 e per i quesiti, pp. 177-180.
20 Ultimo rimedio erano le pene del carcere e della berlina. Esso non era auspicabile
perché, faceva notare Beccaria al regio imperiale Consiglio, non era prudente «non con-
venendo confondere i vizi coi delitti»; quindi rimanevano preferibili «le multe alle pene
afflittive, e sopra tutto alle infamanti». C. Beccaria, Brevi riflessioni che si subordinano
dal Relatore per le superiori determinazioni, in Atti di governo. Serie 4. 1787 cit., IX, pp.
172-180, citazioni p. 175.
21 Nel primo caso il governo sarebbe riuscito «colla superiore sua autorità» a togliere
gli ostacoli che si dovessero rappresentare («promossi da gente rozza, che non riflette al
proprio bene ma al solo momento attuale»); se invece si voleva rendere Como un banco di
prova proponeva di far pubblicare l’editto, come Avviso dell’Intendenza politica. Ibidem.
22 Ibidem.
n.41 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)