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634 Alessandra Mita Ferraro
presenza basta per incutere rispetto», dal momento che il satellizio e i
soldati di stanza a Como erano insufficienti per affrontare un’eventuale
emergenza, di cui erano consapevoli i responsabili delle magistrature.
Nonostante le rassicurazioni dalla capitale e lo zelo dimostrato dal-
l’illustre Consigliere, i risultati non furono soddisfacenti. La proposta
dell’Intendente rimase lettera morta e, ancora nell’autunno 1787,
quando ormai i disoccupati erano circa 1200, Beccaria rimproverava
Pellegrini perché era incapace, a suo dire, di suggerire soluzioni prati-
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cabili . L’intenzione era chiara: scaricare sulla Congregazione muni-
cipale le spese per sostenere gli interventi, auspicabili con l’avvio di
opere pubbliche, evitando però la pratica delle elemosine e ricercando
dei «travagli supplementari» alla manifattura serica. Qualunque fosse
la scelta, la linea del governo era però definita. Era indubbia, infatti,
l’urgenza dell’intervento per non soffocare le potenzialità del commer-
cio serico, centrale non solo per l’economia lombarda ma per l’intera
economia asburgica. Nel 1787 fu stanziata quindi una sovvenzione
governativa di ventimila lire con un interesse all’uno e mezzo per cento
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a carico del Fondo di Commercio . La somma, nonostante la contra-
rietà del Consiglio generale che in precedenza si era detto favorevole
all’istituzione di una fiera, che avrebbe rianimato il commercio con un
riflesso immediato sull’industria della provincia e non solo su quella
serica, fu stanziata per la bonifica della palude detta «prato Pasquè»
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nei pressi della città e di proprietà pubblica . Decisioni rapide anda-
vano prese. Il regio Consiglio milanese autorizzò Beccaria a recarsi a
Como, dove questi non poté che constatare la reale urgenza dell’inter-
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vento al quale si doveva procedere senza temporeggiamenti ; il vero
23 In settembre Pellegrini aveva scritto nuovamente a Beccaria perché nella capitale
fosse ben chiara la situazione: sosteneva che i disoccupati «o quelli in via di diventarlo»
erano circa 1200 e che l’Intendenza era continuamente molestata da persone che chiede-
vano pane e «qualche fonte di travaglio». Il 22 ottobre 1787 fu invece Beccaria a rispondere
risentito e a suggerire possibili interventi. Uno di questi avrebbe potuto essere «la filatura
del lino» che si poteva importare in abbondanza dal Cremonese e distribuire a condizioni
vantaggiose ai capifabbrica. Beccaria mostrava, inoltre, la sua disponibilità al finanzia-
mento governativo delle opere pubbliche che le autorità comasche ritenessero utili ad alle-
viare la disoccupazione. All’Intendente fu pure suggerito di far leva sulla famiglia Guaita,
confidando sul suo personale legame di amicizia, perché aumentasse il numero degli occu-
pati nella sua filatura della lana. Anche il Vescovo, infine, poteva essere consultato per
concordare con lui, «che in altra occasione ha dato prova della sua paterna premura verso
i poveri», un’azione congiunta. C. Beccaria, Opere cit., IX, pp. 754-757, citazione p. 756.
24 Il decreto è del 3 settembre e si richiama anche una sovvenzione del 5 febbraio
precedente.
25 Si tratta della zona dove sorge attualmente lo stadio. L’Intendente escluse dalle
consultazioni il Consiglio generale forse perché in precedenza, per altro con ragioni assai
deboli, si era espresso negativamente.
26 C. Beccaria, Opere cit., IX, pp. 854-864. Accenna alla missione di Beccaria anche
C. Capra, La Lombardia cit., p. 426.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017 n.41
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)