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Il tumulto dei tessitori a Como nel 1790 641
I fatti mostrano un incremento lento ma inesorabile del disagio degli
operai. Come già accennato, la moderata ripresa della manifattura
serica comasca nel 1789, grazie alla favorevole congiuntura economica
generale, fu solo illusoria. Alla fine dell’anno apparvero inquiete pre-
monizioni. Per quanto il Consiglio di governo non sottovalutasse la cri-
ticità della situazione lariana, nessuno poteva prevedere che la crisi
del setificio comasco nel quadriennio 1787-1790 avrebbe toccato il suo
apice proprio nell’estate del 1790, tanto più che nella tarda primavera
l’atteggiamento più moderato del nuovo imperatore aveva acceso rin-
novate speranze: esse erano sostenute nei Consigli cittadini, poiché
Leopoldo II sembrava propenso ad ascoltare anche per evitare l’espan-
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dersi delle idee rivoluzionarie provenienti dalla Francia , e nel ceto
produttivo, che sperò in rinnovati privilegi o, almeno nel caso comasco,
nella riapertura del mercato viennese.
Causa scatenante della nuova crisi fu la chiusura del mercato vien-
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nese alle sete comasche , ma altri elementi contribuirono ad accre-
scere le inquietudini, fra cui il progetto di aumento della tassa
mercimoniale per sostenere il mantenimento della Camera mercantile
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e per l’estinzione di vecchi debiti contratti dalla città verso il governo .
Già nella tarda primavera l’atteggiamento più moderato del nuovo
imperatore accese rinnovate speranze non solo nei Consigli cittadini
ma anche nel ceto produttivo, che sperò in rinnovati privilegi o, almeno
nel caso comasco, nella riapertura del mercato viennese.
Nello spaccato lombardo, e certo a Como, il dispaccio del 6 maggio
1790 – nel quale Leopoldo II invitava i Consigli cittadini a nominare
alcuni rappresentanti per discutere e avanzare proposte sull’organiz-
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zazione dello Stato – non poté che confermare le attese , tanto più che
uno dei due rappresentanti alla Deputazione sociale era proprio il conte
Giovio che, come era noto a tutti in città, avrebbe con ogni mezzo cer-
49 Leopoldo II, diversamente dal fratello, aveva maturato la convinzione della impos-
sibilità di una gestione unitaria dei regni asburgici già nel 1784. C. Capra, La Lombardia
cit., pp. 444-445.
50 Nella capitale dell’impero era stato deciso di smaltire le giacenze seriche dei depositi,
prima di fare nuovi acquisti al prezzo aumentato del dodici e quaranta per cento. Per il
mercato viennese, spiegava Pellegrini nella sua relazione al governo del 28 luglio, a Como
battevano 643 telai di 743, mentre gli altri 100 battevano per la Penisola. L’Intendente era
persuaso che la grave recessione, che aveva causato anche il fallimento della ditta Mainoni,
sarebbe rientrata una volta vendute a Vienna le eccedenze e quando i mercanti viennesi
avessero accettato le nuove condizioni. Asco, Prefettura, c. 355, Polizia, fasc. 420.
51 Erano le spese per le fazioni militari sostenute dal governo in occasione della guerra
contro gli Spagnoli conclusasi nel 1748. G. Rovelli, Storia cit., pp. 138-39.
52 Ancora aperto è il dibattito storiografico sul breve regno di Leopoldo II inquadrabile
o meno all’interno di un contesto di assolutismo illuminato. Sul tema C. Capra, Gli ita-
liani cit. p. 201-201 ed E. Riva, La riforma imperfetta. Milano e Vienna tra ‘istanze nazio-
nali’ e universalismo monarchico (1789-1796), Arcari, Mantova, 2003, pp. 38-39.
n.41 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)