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Il tumulto dei tessitori a Como nel 1790 643
Il precipitare degli eventi
Così in un clima di generale delusione, serpeggiante malcontento e
povertà dilagante, la notizia, che poi si rivelò fondata, dell’imminente
interruzione della produzione serica avviò l’ultimo atto di un percorso
prevedibile e in qualche modo atteso. Il 21 luglio Pellegrini, allertato per
l’effetto prodotto sui tessitori dalle voci che circolavano, convocò i respon-
sabili delle principali manifatture, i quali sostennero che i loro magazzini
erano stipati di «vecchie rimanenze» per l’aumento dei prezzi di quell’anno
e non intendevano, con tanta merce invenduta, proseguire il lavoro «in
vista di una certa perdita». La situazione per quanto li riguardava si
sarebbe potuta sbloccare con la vendita della merce in magazzino e
quando i «corrispondenti» fossero «discesi a fare un nuovo contratto col
debito ragguaglio al maggior prezzo della seta». Nonostante la tensione,
Pellegrini rimase persuaso che il momento di crisi si riducesse all’emer-
genza di due o tre mesi al massimo. Per non interrompere la produzione,
i fabbricanti chiesero tre lire per ogni «libbra di seta posta al telaio», ma
vollero dall’Intendente l’assicurazione che i manufatti di seta sarebbero
stati venduti nelle piazze tedesche. L’intervento di Pellegrini che si fece
garante dell’equa distribuzione del filato di seta da lavorare nelle varie
manifatture, cosa che evidentemente in precedenza non avveniva, e
annotò personalmente in un registro il «nome e la partita di ciascun
manifatturiere, col nome del capo fabbrica e dei tessitori, con l’indicazione
del peso della seta e del colore e con il numero di ciascuna pezza», sem-
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brarono calmare la situazione e assicurare il proseguimento del lavoro .
Tuttavia le parole per quanto rassicuranti non hanno effetto quando la
fame attanaglia: infatti la mattina del 25, a quattro giorni dalla riunione
straordinaria nelle stanze dell’Intendenza, Pellegrini trovò affissa alla
porta della sua abitazione e alla porta del suo ufficio, dove erano state
stracciate le altre carte affisse, una lettera breve quanto eloquente:
«Signor Intendente politico e Signori illustrissimi di città se provvidenza
non vi sarà qualche cosa di cattivo succederà. I tessitori borghesani e
comaschi - in breve -. Como 1790, 24 luglio. Segnato: Miseria».
Un’altra, identica, aveva trovato il marchese Giorgio Porro Carcano,
uno dei decurioni più ricchi della città e delegato di Como, con il conte
Giovio, alla Deputazione sociale di Milano, alla porta della sua casa. Allar-
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mato dall’insolito gesto, informati i superiori , l’Intendente decise di
avviare subito segrete «diligenze» per trovare gli autori, interpellando anche
i capifabbrica per sapere se vi erano delle nuove di cui egli non fosse stato
56 Asco, Protocollo, n. 1, 21 luglio.
57 Quotidianamente l’Intendente scrisse a Milano attendendo istruzioni e consigli. Le
minute delle lettere si conservano nella stessa cartella. In seguito la lettera è stata alle-
gata alla documentazione trasmessa alla Pretura. Asco, Protocollo, n. 26, 31 luglio.
n.41 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)