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Il tumulto dei tessitori a Como nel 1790 645
e Giambattista Giovio. Essi, non è chiaro se durante le trattative o
subito dopo, poiché l’avanzata dei tessitori non accennava a calmarsi,
scesero fra i rivoltosi e li guidarono davanti alla sede dell’Intendenza
senza ulteriori disordini.
Sulla porta dell’ufficio li attendeva Pellegrini, che con un convin-
cente discorso improvvisato riuscì ad «acquietarli», persuadendoli a
entrare nel cortile. Mentre una parte si era dispersa o dislocata agli
angoli delle contrade, «circa 200» entrarono nel cortile, dove, «a porte
chiuse», Porro distribuì il denaro raccolto dai cittadini facoltosi per i
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più indigenti : poiché il denaro non era sufficiente, furono lo stesso
Porro e Pellegrini a versare personalmente il resto della somma neces-
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saria perché «tutti potessero essere beneficati» . Distribuito il denaro,
fu chiesto a tutti di tornare alle proprie case invitando i più nervosi a
«docilità e quiete». Intanto il Plenipotenziario inviò in città, dotato di
deleghe, il consigliere Landriani per arginare i gravi fatti in corso. Il
giorno successivo egli convocò presso gli uffici dell’Intendenza i princi-
pali mercanti fabbricatori, per raccogliere anche le loro opinioni e riu-
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scire a ottenere un quadro più veritiero del tumulto in corso .
Tamponata la situazione più grave, fra i problemi più urgenti che
l’Intendente affrontò ci fu quello di impedire che i tessitori insorti si
impadronissero di armi da fuoco, ma le precauzioni prese non furono
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sufficienti : la mattina del 28 luglio gli insorti, entrati in possesso di
vari tipi di armi da fuoco e da taglio, cercarono di forzare le porte cit-
tadine, precedentemente sbarrate. Scrisse Pellegrini nella sua relazione
al Governo:
62 Tutto avvenne alla presenza dell’Intendente, dei suoi impiegati, di due decurioni
delegati e del segretario della Congregazione municipale, fu distribuito uno scudo a tutti
i presenti. La somma raccolta fu di lire 931. Asco, Protocollo, n. 5, 26 luglio e nella stessa
cartella, Polizia, fasc. 420. M. Giannoncelli, La camera cit., p. 57.
63 Anche Giorgio Porro Carcano scrisse la sera stessa una lettera, dai toni accalorati,
alla regia Intendenza. Asco, Prefettura, c. 335, fasc. 420.
64 Asco, Prefettura, c. 355 e ivi, Protocollo, n. 8, 27 luglio.
65 Scrisse subito all’Intendente di finanza raccomandandogli la custodia della polve-
riera e ordinò ai commercianti di armi di occultare e ritirare dalle botteghe la mercanzia.
Il giorno dopo prese contatti con i Capi reggenti di Lugano e Mendrisio per invitarli ad
emanare una grida per impedire «fino a nuovo ordine, la vendita della polvere e munizioni
a tutti i sudditi austriaci». Il Landfogto di Mendrisio rispose di aver provveduto come
richiesto per «premura di mantenere una buona vicinanza». Lo stesso il 5 agosto chiese
se continuare o sospendere la disposizione, molti, infatti, avevano fatto istanza perché
venisse sospeso l’ordine. La difficoltà del momento e l’imprevedibilità della situazione
furono ben espresse da Porro che dichiarò di non poter prevedere «quanto sia per suc-
cedere». Rispettivamente: Protocolli n. 9 e 11 del 27 luglio, n. 38, 5 agosto e n. 7. Ricordo
che la legislazione settecentesca consentiva ai contadini di tenere nelle loro abitazioni
armi lunghe. L. Antonielli, Il controllo delle campagne lombarde nel Settecento: «gli uomini
d’arme», «Società e storia», 111, 2006, pp. 1-19, p. 5.
n.41 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)