Page 179 - 2
P. 179
Il tumulto dei tessitori a Como nel 1790 647
volendo ricorrere a metodi repressivi, avrebbero spinto i tessitori
all’emigrazione, quando invece si poteva sperare di risolvere la que-
stione con mezzi pacifici. Ancora una volta, quindi, la paura dell’emi-
grazione mise in luce la debolezza dell’autorità e di contro la forza dei
tessitori. Infatti, pur confezionando prodotti scadenti e preferendo la
locanda al lavoro, essi rimanevano pur sempre una manodopera spe-
cializzata, unica risorsa in un paese stretto fra i laghi e i monti, parco,
come aveva scritto anche Giovio nella Lettera, di terra e di popolazione.
Ispirate dalla chiara volontà di impedire l’emigrazione (tema che
ricorre insistente, lo abbiamo visto in queste pagine) e garantire la sicu-
rezza in città, furono prese alcune decisioni fra cui quella di presidiare
l’ingresso dal lago «ove più facile era l’accesso in città». Da Milano,
intanto, il Plenipotenziario per tamponare l’emergenza aveva autoriz-
zato Pellegrini, con opportuna discrezione e avendo cura che non potes-
sero formarsi assembramenti, a rilasciare certificati che permettessero
70
ad alcuni tessitori disoccupati di trovare lavoro nella capitale . Nello
stesso giorno Wilczeck e il Vicepresidente del Consiglio di governo, Gia-
como Bovara, informarono che sarebbe giunto un contingente militare
71
anche per tradurre gli arrestati alle carceri della capitale . Le misure
da prendersi dovevano essere concertate con il Corpo civico e con il Pre-
tore; infine, Pellegrini doveva far conoscere ai tessitori inoperosi, la
72
disponibilità ad accoglierli a Milano, dove avrebbero trovato lavoro . Se
fossero arrivati i rinforzi militari nei tempi previsti, forse si sarebbe
potuto evitare quell’unico morto causato da un incidente risultato, come
sottolineò Pellegrini a Wilczeck, dalla tensione fra i vari corpi di difesa
73
all’arrivo del corpo militare il 29 luglio . Un coordinamento militare non
70 Asco, Prefettura, c. 355, comunicazione del 28 luglio.
71 L’arrivo del contingente formato da settanta soldati di fanteria, guidato da un uffi-
ciale, sei dragoni a cavallo e una squadra di campagna a cavallo (spedita per restare
fuori dalla città il cui capo si sarebbe presentato travestito, per ricevere gli ordini dal-
l’Intendente), era previsto per il 28, «verso mezzogiorno». Il 9 agosto fu il conte Carli,
Regio Capitano di giustizia di Milano, a comunicare al Podestà di Como, Francesco Bicetti
de’ Battinoni, e al Luogotenente Riva di tradurre «con massima sollecitudine» i nuovi
detenuti, facendoli scortare dal resto delle truppe di campagna che si trovavano ancora
lì. Asco, Protocollo, n. 46, 9 agosto.
72 Nella lettera si avvertiva poi di dare disposizioni per alloggio dei militari, di tenere
informato il Plenipotenziario e si comunicava anche che il ministro «si riserva di mani-
festare il suo aggravamento al corpo civico tramite Porro e gli altri». Il 28, in un’altra
comunicazione, il Plenipotenziario specificava che la notizia della disponibilità da parte
di Milano ad accogliere tessitori senza lavoro doveva restare «senza pubblicità»; inoltre i
tessitori che fossero partiti per la capitale dovevano essere muniti di certificati e sulla
strada per Milano non dovevano formare manipoli. Ivi, rispettivamente, nn. 10 e 14.
73 Il tenente maresciallo Stein arrivando «alle due di notte» da Milano, giunto sulla
strada della Camerlata (la strada in direzione di Milano) incrociò un corpo di cittadini
armati. Essi, non avvisati dell’arrivo del contingente militare, pensarono che i rumori
sospetti fossero dei tessitori, e si allertarono per rispondere a una eventuale imboscata.
n.41 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)