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Il mestiere dell’oste tra migrazione e radicamento 653
delle autorità municipali e statali, che addossarono ai gestori speci-
fici compiti di natura fiscale e poliziesca: costoro «doveva[no] svolgere
un ruolo di controllo sulle merci e sulle persone che alloggiava[no],
al fine di evitare frodi fiscali e problemi all’ordine pubblico» . Compiti
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di cui sarebbero rimasti investiti anche nel corso dell’età moderna:
le gride spagnole, così ben utilizzate da Manzoni ne I promessi sposi,
impongono espressamente la registrazione e la denuncia di tutti gli
avventori ospitati nelle osterie e nelle locande cittadine; sul piano
fiscale, invece, l’attenzione delle autorità si concentrò soprattutto
sull’imposizione di imposte sul consumo e sul commercio del vino,
che nel milanese voleva dire soprattutto dazio del “bollino” o “fo-
glietta” e imbottato.
È risaputo che le birrerie cittadine dell’Inghilterra cinque-seicen-
tesca svolgevano anche un’importante ruolo come agenzie di colloca-
mento: non abbiamo testimonianze del fatto che ciò avvenisse anche
in Italia, ma non ci sorprenderemmo affatto che operassero anche in
quel settore .
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Nel suo complesso, dunque, l’attività degli osti risulta essere
estremamente variegata e collocata al centro di un importante fascio
di relazioni e di interessi che fanno dell’oste una figura tutt’altro che
marginale nella società d’antico regime . In particolar modo, sia per
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le sue origini che per le sue mansioni, l’oste sembra aver giocato un
ruolo strategico all’interno delle catene migratorie e più in generale
nei meccanismi di assorbimento e integrazione delle manovalanze
che giungevano continuamente nelle città italiane dell’Italia setten-
trionale dal contado e dall’arco alpino ad alimentare un mercato del
lavoro perennemente affamato di nuove braccia; insomma un impor-
tante intermediario tra la città e coloro – o almeno una parte di essi
– che vi giungevano dall’esterno . Chi meglio di un immigrato per
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questo mestiere?
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13 Ivi, p. 21.
14 P. Clark, Migrants in the city: the process of social adaptations in English towns, in
P. Clark, D. Souden (a cura di), Migrations in society in Early modern England,
Hutchinson, London 1987, pp. 267-291.
15 Cfr. S. Levati, Vino, osti e osterie nell’Italia centro-settentrionale tra XVIII e XIX
secolo, in M. Cavallera, S.A. Conca, B.A. Raviola (a cura di), Le vie del cibo. Italia setten-
trionale (secc. XVI-XX), Carocci, Roma 2019, pp. 235-250.
16 Cfr. D. Roche, Il popolo di Parigi, il Mulino, Bologna, 1986, pp. 356-365 e Id., La
ville promise: mobilité et accueil à Paris (fin 17.-début 19. siècle), sous la direction de D.
Roche, Fayard, Paris 2000. Ovviamente questo non esclude che anche altre categorie
potessero svolgere un analogo ruolo, ma certo non in maniera così sistematica.
17 Questa è l’ipotesi formulata da Carlo M. Belfanti nel suo studio su Immigrazione
ed economia urbana a Mantova fra sei e settecento, FrancoAngeli, Milano 1994, pp. 62-
63, in cui dedica alcune interessanti pagine agli osti. Qualche prima considerazione su
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)