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                riendo, vel panem, blada, oleum et similia in officinis venditando vi-
                tam ducunt» .
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                   Per quanto ai primi del seicento dovesse essere certamente pre-
                sente nelle osterie cittadine un buon numero di operatori provenienti
                dalla val di Blenio, credo tuttavia che l’abitudine di indicare con il
                termine «brugnon» gli operatori del commercio vinario invalsa nel lin-
                guaggio comune non intendesse identificare così nello specifico l’ori-
                gine degli osti, ma più genericamente un territorio che aveva le sue
                propaggini estreme nelle valli ticinesi e che doveva comprendere an-
                che tutta l’area dell’alto verbano, area fortemente caratterizzata sia
                dalla coltura della vite sia da consolidate relazioni commerciali con
                Milano, che non si sarebbero interrotte neppure dopo l’assegnazione
                delle terre della sponda occidentale al Regno di Sardegna in conse-
                guenza del trattato di Worms nel 1735. La valenza fortemente nega-
                tiva  attribuita  al  termine  “brugnon”,  equivalente  a  rozzo  e  monta-
                naro, doveva per forza di cose essere enfatizzata ed in qualche modo
                accentuata da un’origine valligiana la più remota possibile.
                   Certo è che la ben più ricca documentazione settecentesca e otto-
                centesca, quando d’altro canto il termine «brugnon» venne registrato
                dai primi vocabolari meneghini, mostra un quadro delle provenienze
                più composito in cui a fare la parte del leone sono soprattutto gli
                operatori dell’alto lago Maggiore, ed in particolar modo i brissaghesi,
                che come vedremo fondarono delle vere e proprie dinastie imprendi-
                toriali, attive prima nell’ambito della ristorazione e poi in quello al-
                berghiero. In una lettera del 10 giugno 1770, discutendo dell’ipotesi
                di una ventilata riduzione del numero delle osterie ambrosiane, Pie-
                tro  Verri  sottolineava  come,  a  fronte  del  «pubblico  vantaggio»  che
                avrebbe potuto procurare alla città, ciò sarebbe certamente andato
                «a scapito di quei sudditi di Sua Maestà Sarda che per la maggior
                parte formano l’Università degli osti di questa città» , con una pre-
                                                                    36
                senza che sembra in realtà permeare tutta la filiera commerciale sia
                a monte sia a valle.
                   Tra i 21 negozianti all’ingrosso che negli anni settanta firmarono
                a nome dell’Università dei mercanti di vino un atto di procura per
                dirimere una causa relativa al transito sulla strada commerciale che
                da Pecetto Alessandrino conduceva alla piarda sul Po, almeno una
                decina erano originari dell’alto verbano occidentale: Gaetano Taccioli
                di Ghiffa, Domenico Zappellino e Tomaso Cerutti di Ronco, Giuseppe


                   35  Il passo è riportato in F. Braghetta, Le «Tre Valli Svizzere» nelle visite pastorali del
                cardinale Federico Borromeo (1595-1631), Editions Universitaires, Fribourg 1977 p. 216.
                   36  Asmi, finanza, p.a., cart. 1116.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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