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Il mestiere dell’oste tra migrazione e radicamento 655
dove la produzione enologica era ben radicata e che lo stesso autore
indica come luogo principale di origine degli immigrati mantovani .
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Egualmente forestieri erano gli osti attivi nella Pavia di fine quattro-
cento, soprattutto astigiani, piacentini, comaschi e veronesi , e a
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Como tra quattro e cinquecento, dove incontriamo operatori prove-
nienti da diversi borghi lombardi non eccessivamente distanti dalla
città (Vimercate, Monza, Varese, Erba, Alzate), ma anche dalla Val-
tellina, da Novara e da Verona . Anche nella Toscana tra XV e XVII
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secolo sono numerosi gli osti originari di altre contrade: a Siena e nel
senese nella prima metà del XV secolo oltre che dalla città e dallo
Stato di Firenze e da altre città dell’odierna Toscana (Prato, Lucca,
Arezzo…) gli osti giungevano da Milano, Perugia, Ascoli, Rimini, Mo-
dena e molti dall’area tedesca , mentre a Pisa, tra fine XVI e inizio
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XVIII secolo, risulta assai numerosa la presenza di “milanesi” e a
Roma quella di francesi, avignonesi, svizzeri e, soprattutto, tedeschi
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Tutte queste testimonianze sembrano dunque suffragare l’ipotesi
che vede nell’attività di oste una professione tipica dei migranti; in-
dipendentemente dall’origine, era la sua stessa passata condizione
di forestiere in cerca di informazioni, consigli, prestiti che lo poneva
spesso nelle migliori condizioni possibili per sapere esattamente cosa
un avventore poteva aver bisogno nel suo giungere in città, mercante,
migrante o vagabondo che fosse. Tuttavia non dobbiamo cadere
nell’errore di credere che la professione di oste fosse praticabile da
qualsiasi migrante. Come gli studi sulle migrazioni hanno ormai am-
piamente dimostrato, i migranti si muovevano spesso seguendo pre-
cise catene migratorie caratterizzate da una marcata professionalità
che si tendeva a trasmettere di famiglia in famiglia e di generazione
in generazione, producendo un fenomeno di forte identità e con-
22 Gli osti trentini risultano 7 nel censimento del 1658 e 8 nei processetti matrimo-
niali per l’arco cronologico 1630-1750. Non sono invece rintracciabili dati sull’origine
degli altri osti “forestieri”. Ivi, pp. 69-70. Una stretta relazione tra attività di vignaioli ed
esercizio di osterie sembra riscontrarsi anche tra i migranti umbri diretti a Roma. Cfr.
G. Rossi, Emigrazione umbra nella campagna romana (XVI-XIX secolo), in A. Monticone
(a cura di), Poveri in cammino: mobilità e assistenza tra Umbria e Roma in età moderna,
FrancoAngeli, Milano 1993, pp. 165-197, cenni a p. 168 e 186.
23 R. Crotti, L’imprenditorialità dell’ospitalità. Mercanti, tavernieri, osti a Pavia nei
secoli XII-XV, in Ead., Economia e strutture corporative tra medioevo ed età moderna. Il
caso Pavese, Unicopli, Milano 2006, pp. 43-79, in particolare p. 72.
24 S. Duvia, «Restati eran thodeschi in su l’hospicio» cit., pp. 40-41.
25 M. Tuliani, Osti, avventori e malandrini. Alberghi, locande e taverne a Siena e nel
suo contado tra trecento e quattrocento, Protagon Editori Toscani, Siena 1994, p. 112.
26 R. Mazzei, Pisa Medicea. L’economia cittadina da Ferdinando I a Cosimo III, Ol-
schki, Firenze, 1991, pp. 20-21; V.E. Giuntella, Roma nel settecento, Cappelli, Roma
1971, p. 77
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)