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                edificio situato in piazza del Cordusio e trasformato in osteria sotto
                il nome dell’Aquila, a cui si aggiunse nel 1801 l’adiacente casa Diotti,
                che ospitava una panetteria e una stamperia . Tuttavia la parabola
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                imprenditoriale dei Baccalà si sarebbe ulteriormente arricchita negli
                anni successivi di un’altra interessante iniziativa, che mostra chia-
                ramente la capacità della famiglia di cogliere e soddisfare le necessità
                emergenti nella società europea dell’ottocento, sempre più mobile e
                sempre più esigente in fatto di ospitalità. A Giacomo e Matteo Bac-
                calà dobbiamo infatti l’avvio di uno dei primi esercizi alberghieri in
                senso  moderno  della  città,  destinati  ad  avere  grande  successo  nel
                corso del secolo, allorché il settore registrò a Milano una notevole
                crescita . Nel 1812, infatti, i Baccalà presero in affitto dall’architetto
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                Luigi Cagnola l’albergo Reale e un altro edificio che avrebbero tra-
                sformato nell’albergo dei Tre Innocenti.
                   Anche in questo caso i Baccalà si avvalsero per la gestione delle
                due strutture della collaborazione di parenti e compaesani nei quali
                potevano riporre completa fiducia. Il rinomato albergo Reale venne
                infatti gestito congiuntamente da Matteo Baccalà e dal brissaghese
                Giovanni Baiocchi, in qualità di «socio maneggiante», che portò con
                sé la positiva esperienza maturata presso l’Albergo San Marco in
                Milano , mentre quello dei Tre Innocenti venne ceduto a Giovanni
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                Bazzi,  genero  e  cognato  dei  Baccalà,  che  nel  1804  aveva  sposato
                una delle figlie di Giacomo, Annunciata . Con la morte di Giacomo
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                nel 1837 e quella prematura del figlio Gottardo nel 1839, cessò la
                straordinaria avventura imprenditoriale della famiglia Baccalà, non
                volendo l’unico erede maschio superstite, Giuseppe, proseguire l’at-
                tività degli avi. Continuò invece a mantenersi vivo lo stretto legame
                tra l’attività di osti e ristoratori brissaghesi e la città ambrosiana.



                   77  Ivi, scatola 3, doc. 164. La casa Diotti venne acquistata per al prezzo di 18.030 lire.
                   78  Sul tema rinvio a G. Geronimo, Milano ospitale, 1827-1914, dottorato di ricerca in
                Storia e informatica, Università di Bologna, rel. prof. R. Smura, 2008. Per un’analisi dei
                mutamenti intervenuti nel settore dell’accoglienza in altre città europee e italiane nel
                corso del XVIII e XIX secolo, rinvio per quanto riguarda Parigi a Roche, La ville promise,
                cit., pp. e per Napoli a D. Carnevale, Dalla locanda all’albergo. Economia e sociologia
                dell’accoglienza nella Napoli del Settecento, «Studi storici», 4, 2016, pp. 901-925.
                   79  Asti, fondo Angelo Branca, scatola 7, doc. 811.
                   80  Ivi, scatola 7, doc. 107, confesso e cauzione dotale. Un ramo della famiglia Bazzi
                avrebbe continuato l’attività di Giovanni; infatti nel 1860 alcuni Bazzi risultano gestori
                dell’Hotel San Marco di Milano. Un altro genero di Giacomo, Cesare Antognini, era pro-
                prietario  con  la  moglie  Teresa  Baccalà  dell’Albergo  Nazionale  di  Magadino.  Anche  in
                questo caso la gestione era affidata a un brissaghese, Giuseppe Lamberti, «uomo con-
                sumato in questo esercizio». Cfr. l’avviso pubblicato sulla «Gazzetta Ticinese» del 3 gen-
                naio 1838.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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