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                qualità: in particolare, a partire dai primi anni ‘80, questo fenomeno
                aveva provocato una rapida diffusione della pebrina in tutto l’Arcipelago
                a tal punto che, come si legge sulla rivista «Il Bacologo Italiano», «li stessi
                Akita  e  Kawajiri,  ricercati  nei  decenni  scorsi,  furono  riconosciuti  in-
                fetti» . Da esami microscopici condotti nel Nord Italia nel 1882 fu infatti
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                rilevato un tasso di infezione del 14 per cento nel seme-bachi prove-
                niente dalla filiale torinese . Inoltre, sebbene con un grado di infezione
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                più basso, le uova della compagnia risultarono positive alla pebrina an-
                che nel 1883  e nel 1885 .
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                   Intanto, in Europa e in Italia continuavano a diffondersi in bachicul-
                tura i risultati positivi prodotti dal sistema cellulare, ovvero il metodo di
                prevenzione contro la pebrina introdotto da Louis Pasteur. Tramite que-
                sto metodo fu possibile produrre un tipo di uova di baco da seta total-
                mente immune dall’epizoozia (si tratta del cosiddetto seme-bachi cellu-
                lare o a celle separate), selezionandolo «tramite esame microscopico pra-
                ticato  su  ciascuna  farfalla,  dopo  la  sua  morte  naturale» .  In  questo
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                modo, i sericoltori italiani poterono utilizzare seme-bachi sano prove-
                niente dal Continente Europeo o prodotto direttamente in Italia. Ciò alla
                lunga provocò un calo drastico della domanda delle uova di baco da seta
                giapponesi, comprese quelle prodotte dalla Kawajiri-gumi .
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                   Attorno alla metà degli anni ‘80 l’esportazione delle uova di baco da
                seta giapponesi era quindi minacciata allo stesso tempo dalla diffusione
                della pebrina in Giappone e dalla concorrenza rappresentata dalla cre-
                scente produzione in Europa e in Italia di seme-bachi sano. Questo stato
                di cose viene chiaramente descritto in una lettera del 10 luglio 1885,
                che l’allora Console del Giappone a Milano Carlo Cambiaghi Locatelli
                (1840-1895)  scrisse al Viceministro degli Esteri giapponese Yoshida
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                   71  «Il Bacologo Italiano» cit., A. 6, n. 18 (1883-1884), 29 luglio 1883, p. 138.
                   72  S. Fujimoto, Kaikō to kiito bōeki cit., p. 507.
                   73  «Il Bacologo Italiano» cit., A. 6, n. 8 (1883-1884), 20 maggio1883, p. 64.
                   74  «Rivista di Bachicoltura» cit., A. XVII, n. 7 (1885), 1° aprile 1885, p. 26.
                   75  «La farfalla feconda veniva posta in un’apposita cellula, consistente, ordinaria-
                mente, in un sacchettino di garza o di carta idonea a questa funzione, della lunghezza
                di cm. 10 e della larghezza di cm. 7 ove deponeva e moriva. L’esame microscopico era
                effettuato con duplice controllo: se si individuava l’esistenza anche di un solo corpuscolo
                la deposizione corrispondente veniva scartata». M.P. Premuda Marson, Bombyx Mori: la
                dotta industria bacologica e l’importanza di un insetto nella vita dell’uomo, Cleup, Padova,
                2011, p. 318.
                   76  S. Fujimoto, Kaikō to kiito bōeki cit., p. 507.
                   77  Membro di una delle più prestigiose famiglie di Milano, Carlo Cambiaghi Locatelli
                fu Console onorario del Giappone nel capoluogo lombardo a partire dal maggio 1880.
                Nel 1890 fu riconfermato alla stessa carica, che mantenne fino alla sua morte nel 1896.
                La scelta del governo Meiji di nominare Console del Giappone in Italia un cittadino del
                Regno non riguardava solo il Locatelli, ma era una prassi molto diffusa che restò in
                vigore durante tutto il periodo Meiji. Basti pensare che negli anni ‘70 e ‘80 dell’Ottocento
                consoli del Giappone di nazionalità italiana erano presenti, oltre che a Milano, anche a



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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