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                raccogliere finora, non è comunque possibile sapere quanti di questi
                “cartoni” siano stati effettivamente venduti da Hiramoto, né tanto meno
                se in questa impresa egli abbia ricevuto il supporto del Console Loca-
                telli. Fatto sta che quella fu l’ultima esportazione della Kawajiri-gumi in
                Italia: per le varie ragioni già esposte, non solo la filiale di Torino venne
                chiusa nel 1885 , ma, in seguito al drastico calo delle esportazioni e
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                delle vendite di seme-bachi, la stessa casa madre di Akita andò in de-
                clino e fu sciolta l’anno successivo . Nel frattempo, dopo il ritorno in
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                Giappone  di  Ōhashi  Awaji  nel  luglio  1883,  e  di  quello  di  Kawamura
                Tsunezō nel febbraio 1885, anche Hiramoto Hiroshi nel dicembre 1886
                aveva lasciato l’Italia, giungendo a Yokohama il 3 febbraio 1887 .
                                                                             90
                   Nonostante il fallimento della propria compagnia, Kawamura Eino-
                suke e la sua famiglia continuarono comunque a operare nel settore
                serico, dedicandosi quasi esclusivamente alla produzione e alla vendita
                di seta greggia, con un’attenzione particolare per il mercato interno e
                per  quello  taiwanese .  La  stessa  esportazione  diretta  di  seme-bachi
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                verso l’Italia da parte della famiglia Kawamura non si concluse definiti-
                vamente con la chiusura della Kawajiri-gumi, ma proseguì almeno fino
                ai primi anni del XX secolo, seppure con un volume d’affari di gran
                lunga più modesto e con esiti non sempre felici .
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                Conclusioni

                   Nel presente lavoro si è provato ad analizzare in dettaglio l’attività di
                vendita diretta che la società di seme-bachi Kawajiri-gumi della prefet-
                tura di Akita svolse in Italia tramite la sua filiale di Torino tra il 1880 e
                il  1885.  Di  conseguenza,  cercando  di  mettere  in  luce  aspetti  poco


                   88  M. Ishii, Studenti e setaioli giapponesi a Torino cit., p. 35.
                   89  Akita  Shisei  Hyaku-shūnen  Kinen  Kawajiri  Chiku  Jikkō  Iinkai  (eds.),  Furusato
                Kawajiri cit., p. 32. Secondo un’altra fonte la Kawajiri-gumi continuò a operare almeno
                fino al 1888, quando, dal momento che i sericoltori rimasti erano appena 10 e la pro-
                duzione di seme-bachi contava solo 419 “cartoni”, il suo ufficio amministrativo venne
                chiuso. Cfr. Akitaken Yōsan-gyō Kumiai Rengō-kai (eds.), Akitaken sanshi-gyō nenpu
                (Cronologia dell’industria serica della prefettura di Akita), Akita Kappanjo, Akita, 1940,
                p. 20.
                   90  M. Ishii, Meiji-ki no Itaria ryūgaku: Bunka juyō to gogaku shūtoku (Studiare in Italia
                nell’era Meiji: accettazione culturale e apprendimento delle lingue), Yoshikawa Kōbun-
                kan, Tōkyō, 2017, pp. 35-37.
                   91  Akitaken (eds.), Akita no senkaku: Kindai Akita o tsuchi katta hitobito (I pionieri di
                Akita: le persone che hanno plasmato l’Akita di oggi), Vol. 1, Akita kenkōhō kyōkai,
                Akita, 1968, p. 228.
                   92  Per esempio, nel 1903, il Dr. Giuseppe Ferreri di Torino si lamentò con Kawamura
                Taiji, nipote adottivo di Kawamura Einosuke, del fatto che il 90 per cento dei semi-bachi
                che gli erano stati spediti dal Giappone avevano dato dei cattivi risultati. Cfr. S. Fu-
                jimoto, Kaikō to kiito bōeki cit., p. 506.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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