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698 Daniele Palermo
1. La Regia Monarchia di Sicilia
Tra i grandi tribunali del Regno di Sicilia , il Tribunale della Regia
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Monarchia era probabilmente quello che causava maggiori conflitti
tra poteri, spesso con echi internazionali rilevanti. Il tribunale eser-
citava le ampie prerogative in materia di giurisdizione ecclesiastica
di cui godeva il sovrano, rappresentate come attributi peculiari del
re di Sicilia ma in realtà ben presenti nel panorama delle monarchie
europee . Si trattava di un’istituzione saldamente inserita nel reticolo
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di poteri e giurisdizioni che innervava la società isolana di “antico
regime” e si trovava al centro dei delicati equilibri tra potere laico ed
ecclesiastico. Questo lavoro si propone l’obiettivo di presentare al-
cune tipologie di attività del Tribunale di Regia Monarchia nel XVII
secolo – periodo in cui aveva già una struttura stabile e procedure
piuttosto definite – relative alla città di Palermo, dove il gioco delle
giurisdizioni era più delicato e sensibile .
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Nel Regno di Sicilia l’«unitarietà» degli indirizzi di politica ecclesia-
stica di Ferdinando il Cattolico, tendenti soprattutto alla promozione
del “regio patronato” , si era concretizzata nella ricerca di mezzi ade-
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guati a gestire queste prerogative. A tal fine, l’azione della Corona
aveva seguito la tradizione degli strumenti che le monarchie europee
utilizzavano per controllare la sfera ecclesiastica, come quelli finaliz-
zati a evitare che le cause fossero trattate a Roma . Nella lenta co-
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1 Si trattava, oltre al Tribunale della Regia Monarchia e a quello dell’Inquisizione,
della Regia Gran Corte, del Tribunale del Real Patrimonio e del Concistoro della Sa-
cra Regia Coscienza (cfr. A. Baviera Albanese, Diritto pubblico e istituzioni ammini-
strative in Sicilia: le fonti, Il Centro di ricerca, Roma, 1981).
2 Come sottolinea Fabrizio D’Avenia per gli stati italiani, vi era la presenza di istitu-
zioni destinate a spostare parte del contenzioso in materia ecclesiastica dai tribunali ro-
mani alle sedi locali, il cui ruolo «è assimilabile a quello che assolveva in Sicilia il Tribu-
nale della Regia Monarchia, come ultima istanza delle cause ecclesiastiche». Ciò consen-
tiva tanto di affidare i processi a corti maggiormente sensibili all’influenza dei poteri locali
quanto di mantenere all’interno degli stati la conflittualità, così da non creare canali di
ingerenza per la Curia romana (F. D’Avenia, La Chiesa del re. Monarchia e papato nella
Sicilia spagnola (secc. XVI-XVII), Carocci, Roma, 2016, pp. 12-13).
3 Sul fondo “Tribunale della Regia Monarchia e apostolica legazia” dell’Archivio
di Stato di Palermo, cfr. Guida generale degli archivi di stato italiani, 1986, vol. III,
pp. 315-316. Il fondo, in parte danneggiato, contiene prevalentemente fascicoli che
riguardano pronunciamenti sull’ammissibilità della procedura via gravaminis, privi
dunque della sentenza di merito ma contenenti l’intera documentazione dei prece-
denti gradi di giudizio, conclusi o meno, e delle attività condotte dal giudice per
giungere all’ammissione o meno del “gravame”.
4 M.T. Napoli, La Regia Monarchia di Sicilia. «Ponere falcem in alienam messem»,
Napoli, Jovene, 2012, pp. 37-41; cfr. anche G. Zito, La legazia apostolica nel Cinque-
cento: l’avvio delle controversie e delle polemiche, in S. Vacca (a cura di), La Legazia
Apostolica. Chiesa, potere e società in Sicilia in età medievale e moderna, Sciascia,
Caltanissetta-Roma, 2000, p. 124.
5 Ibidem.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)