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722                                           Giulia Delogu, Giulio Farella


                premuravano di scrivere nel linguaggio dei comuni «uomini di mare»
                per persuaderli della bontà delle riforme (1852) .
                                                               13
                   Come intuito da Massimo Costantini, il momento napoleonico era
                stato centrale per gli sviluppi di Venezia come città e come porto. Al
                di là delle successive ricostruzioni storiografiche volte a dipingere in
                chiave esclusivamente negativa l’impatto di Napoleone sulla Serenis-
                sima, infatti, la decisione del governo italico di istituire il porto franco
                il 25 aprile 1806 innescò una serie di profondi mutamenti di lungo
                periodo. Innanzitutto, inseriva «lo scalo veneziano in un disegno stra-
                tegico che lo vedeva funzionale alle esigenze economiche del Regno
                italico e a quelle militari dell’Impero francese» . La creazione di una
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                zona franca a Venezia rientrava in un piano di controllo economico e
                soprattutto politico dagli orizzonti almeno continentali. All’interno di
                questo piano un ruolo centrale veniva assegnato alla creazione di un
                sistema  di  zone  franche  (o  entrepôts)  nel  Mediterraneo  –  Venezia
                stessa, e poi Genova, Ancona e infine Marsiglia, alla quale Napoleone
                non voleva riconcedere lo statuto di porto franco, abolito dai rivolu-
                zionari, ma nella quale voleva appunto creare una zona franca sul
                modello di Genova e Venezia – e nei Caraibi .
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                   Il sistema delle zone franche riprendeva quanto perseguito dall’In-
                ghilterra, ritenuto un modello da imitare proprio in quanto, alla fine,
                nemico da battere. Le politiche marittime di Napoleone ebbero come
                noto scarsi risultati, dovuti almeno in parte all’impossibilità di avere
                significative basi di appoggio oltremare dopo la perdita di Haiti. Per
                quanto fallimentari a livello generale, i progetti napoleonici ben mo-
                strano  come  l’istituzione  (o  la  cancellazione)  di  un  porto  franco,  e
                quindi i processi di riconfigurazione urbana, sociale e istituzionale di
                una città, fossero intesi come strumenti di ricalibramento degli equi-
                libri economici e politici internazionali .
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                   13  G. Casoni, Sul porto di Malamocco, Venezia, 1852.
                   14  M. Costantini, Porto navi e traffici a Venezia cit., p. 85.
                   15  P. Whalen, P. Young (eds.), Place and locality in Modern France, London – New
                York, Bloomsbury Academics, 2014, pp. 11-12. Per il dibattito nell’età della rivoluzione
                cfr. G Delogu, Informazione e comunicazione in età moderna: immaginare, definire, comu-
                nicare il porto franco, «Rivista storica italiana», 131 (2019) pp. 468-491. Sui tentativi di
                continuazione delle politiche economiche d’età napoleonica, v. anche il caso di Murat a
                Napoli esplorato in D. Ciccolella, Murat, la pace, il commercio (1813-1815), «Società e
                storia», 164 (2019), pp. 197-228. Per un quadro della questione v. M. Biard, P. Bourdin,
                S. Marzagalli, Révolution, consulat, empire: 1789-1815, Belin, Paris, 2014, pp. 272-281.
                   16  Questo aspetto, in particolare riguardo ai porti franchi, era già stato intuito nel-
                l’Encyclopédie méthodique (1784), per cui v. G. Delogu, Informazione e comunicazione in
                età moderna cit.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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