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Ricordi di un ex Normalista 767
aristocratico fra noi era Fortunato Rizzi, che raramente accettava in-
viti; i più affabili, disinvolti, e nel contempo sbafatori di desinari e
cene, eravamo io e Pellizzari (il Pelide Achille, come io lo chiamavo
spesso).
Tutti ci credevano insegnanti seri, e lo eravamo certamente; ma,
ad onor del vero, qualche volta ci riassaliva il desiderio nostalgico di
riprendere un po’ di vita goliardica universitaria e di fare qualche
mattana. Un giorno, senza punto avvertire il beneamato Direttore del
Ginnasio, com’era nostro dovere elementare, si piantò in asso la
scuola, per recarci segretamente alla famosa bisca di Montecarlo. Bi-
sognava provare l’emozione del giuoco, e vedere quella magnifica co-
sta ligure decantata da tutti. Io avevo cento lire, Pellizzari ne posse-
deva cinquecento in marenghi, freschi e sonanti, ricevuti dalla
mamma, ch’era venuta a trovarlo. Chi sa che la fortuna non ci
avrebbe aiutato. Per prudenza, però, facemmo il biglietto di andata e
ritorno. Andammo e ci divertimmo un mondo. Appena entrato nella
bisca, fui invitato da uno dei portinai, in livrea, con un doucement,
doucement, a moderare il timbro di voce, per non disturbare quel
luogo sacro; e dovetti, con rincrescimento, consegnare una bellissima
sciarpa bianca, che tenevo avvolta attorno al collo, perché temevano
che ci potesse essere qualche arma nascosta.
Pellizzari, volendo fare il gran giuoco, puntando su un numero,
perdette tutto, con grande sua disperazione, io, invece, puntando su
una delle tre dozzine (i numeri, com’è noto, della roulette sono 36) o
sul bianco o sul nero, confidando sul calcolo delle probabilità vinsi
lire cinquecento in moneta francese. Gongolante di gioia, consolai
l’amico, assai triste, offrendogli al ritorno un pranzo luculliano al
Carlo Felice di Genova, con datteri di mare (piatto anche oggi molto
ricercato e costoso), insalata russa e dolce di latte, alla portoghese.
Due giorni dopo, ci presentammo disinvolti al Direttore, scusandoci
dell’assenza improvvisa, col pretesto che avevamo dovuto partire alla
volta di Pisa, per riabbracciare il nostro beneamato Pippo Rosati, Vice
Direttore della Scuola Normale, il quale s’era fratturato la testa, scen-
dendo le scale.
Al tempo dell’Esposizione di Milano, dato il grande affollamento di
gente che viaggiava in treno, ci venne il ghiribizzo di andare e venire
da Sarzana a la Spezia senza pagare il biglietto. Con faccia tosta
montavamo e, appena compariva il controllore, trovavamo il modo di
nasconderci, o rinchiudendoci al licet o mettendoci in qualche angolo
recondito dello scompartimento ferroviario. Al mio collega riusciva
assai facile, perché, essendo mingherlino, poteva facilmente sfuggire
al controllo.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)