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                il suo obiettivo era quello di «riconoscere», poiché Capecelatro, trovan-
                dosi sul posto, aveva la possibilità di raccogliere precise informazioni
                sullo stato effettivo delle comunità e spedirle a Napoli. La sua è quindi
                innanzitutto una funzione informativa. Lo vediamo per esempio nella
                relazione sui danni al castello di Cosenza. Sia il castellano, sia l’inge-
                gnere militare Giulio Garritano, contribuirono a fornirgli informazioni
                dettagliate sullo stato effettivo della fortezza. In particolare appare di
                notevole interesse il disegno del castello di Cosenza (fig. 3), poiché le
                rappresentazioni grafiche degli effetti dei terremoti sono estremamente
                rare nell’ambito della documentazione amministrativa di questo pe-
                riodo, ma le circostanze particolari hanno fatto sì che del sisma del
                1638 rimanessero anche tracce di questo tipo. Il disegno di Garritano
                illustra la relazione in cui si spiega che la gran parte dei danni alla
                fortezza di Cosenza non fu causata dal terremoto, ma da un fulmine
                che vi si era abbattuto l’anno precedente. Lo scopo del documento è
                dunque quello di definire con precisione i danni causati dal sisma, ai
                quali si sarebbe dovuto porre rimedio urgente, distinguendoli da quelli
                dovuti a altre cause precedenti.
                   Le relazioni come questa, contenente il disegno che il delegato in-
                viava al centro, servirono concretamente per organizzare la gestione
                delle comunità sul lungo periodo. Sulla base del lavoro di Capecelatro,
                infatti, fu redatta una rubrica che classificava le località in due gradi
                di gravità di danno subito, allo scopo di concedere dilazioni fiscali .
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                   Come si vede, dunque, l’alleviamento del carico fiscale non fu che
                l’ultimo tassello della risposta all’emergenza, preceduto dai primi soc-
                corsi,  dalla  constatazione  dei  danni  e  dall’intenzione  della  ricostru-
                zione. Avviato questo processo che potremmo definire di normalizza-
                zione, il governo dovette organizzare la fase post-emergenziale. Fu al-
                lora che intervenne per ricalcolare il peso contributivo delle comunità
                colpite. Però quello che a noi può apparire un semplice palliativo eco-
                nomico è invece un atto politico, come si vede meglio se riportato nel
                suo contesto. Per la natura stessa delle istituzioni monarchiche della
                prima età moderna, infatti, il drenaggio continuo di risorse fiscali era
                indispensabile.  Di  questa  dinamica  il  terremoto  calabrese  del  1638
                fornisce un esempio concreto: il Regno di Napoli come parte della mo-
                narchia spagnola dovette fornire denaro e uomini per difendere i ter-
                ritori del Nord Italia; la richiesta di contribuzione toccò il suo apice
                negli anni del sisma; nonostante un primo momento di esitazione in




                   71  Asna, Cons. Coll., Curiae, vol. 112, cc. 63-65v, consulta sull’intensità dei danni
                subiti nelle diverse località, 17.12.1638. La rubrica è riportata da E. Novi Chavarria, I
                “tremuoti” cit., p. 365.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Aprile 2021
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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