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Abolire il gioco per placare l'ira divina                        191


                       L’abolizione  della  beneficiata  dopo  il  terremoto  del  1688  rappre-
                    senta un caso di studio interessante in tal senso. La controversa que-
                    stione morale e religiosa del gioco pubblico fu integrata nel paradigma
                    provvidenzialistico di lettura del disastro. Il protagonismo della Chiesa
                    si determinò soprattutto attraverso gli strumenti di pressione eminen-
                    temente  politici  dello  Stato  pontificio.  Il  successo  dell’iniziativa  nei
                    confronti dell’autorità vicereale e regia fu completo. Tuttavia, questioni
                    di difficile soluzione si muovevano a un livello più profondo del con-
                    senso tra gli attori in causa. Tra «juego de suertes» e «ira Divina» non
                    solo si apre un punto di vista inedito sulla storia del terremoto. Si
                    delinea un capitolo del conflitto sull’autonomia della Chiesa di Roma
                    nella Monarchia ispanica.


                    3.  Napoli-Roma-Madrid:  la  diplomazia  pontificia  e  l’abolizione
                    della beneficiata

                       In una delle tre lettere scritte l’8 giugno 1688, a tre giorni dalla
                    prima  scossa,  il  nunzio  Muti  riferiva  al  segretario  di  Stato  Cybo  la
                    «voce» che si era levata «delli gran peccati, superstitioni et anche ricorsi
                    che si fanno al demonio, per il giuoco, che chiamano della Beneficiata,
                    onde con tali detestabili fallacie possa riuscire, a chi vi pone il danaro,
                    di  havere  la  buona  sorte».  Muti  non  aveva  prove,  ma  l’inquietante
                    «voce» era attendibile, veniva anche «da persone Religiose». Non esitava
                    quindi a porre «sotto l’alta Prudenza, e zelo» del cardinale Cybo l’opi-
                    nione che «fusse bene che non si facesse tal giuoco, almeno per rimuo-
                    vere il male, di che si dubita, e che vi si dovessero per tanto dispo-
                    nere» . Ulteriori aggiornamenti giunsero a Roma con la lettera del 12
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                    giugno. Muti sottolineava che «in ordine al giuoco della Beneficiata es-
                    sere generale la dissaprovatione, che corre sopra il medesimo in que-
                    sta Città, e che cresce l’opinione che sia causa de gran peccati». Buone
                    notizie venivano dalle stanze del potere vicereale: non ne era sicuro (la
                    conferma sarebbe stata comunicata con la lettera del 15 giugno), ma
                    aveva saputo che il viceré e il Consiglio Collaterale avevano sospeso il
                    gioco, e che per sostenere tale decisione avevano scritto «in Spagna
                    anche per ritrovare altro rincontro per l’utile, che se ne ritraeva per la




                    alla disponibilità dell’autore). Sempre sulla gestione dell’emergenza post-terremoto, ma
                    nel contesto diverso del terremoto calabro-messinese del 1783, cfr. D. Cecere, Scritture
                    del disastro e istanze di riforma nel Regno di Napoli (1783). Alle origini delle politiche
                    dell’emergenza, «Studi storici», 58 (2017), pp. 187-214.
                       32  Aav, Segreteria di Stato, Napoli, 103, Muti a Cybo, Napoli, 8 giugno 1688, c. 432r.


                                                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Aprile 2021
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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