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196 Alessandro Tuccillo
gioco a Napoli. L’opera di persuasione da esercitare nei confronti di
Carlo II e dei suoi ministri rispondeva alle «notitie» che attribuivano
specialmente i motivi della Divina vendetta alle sagrileghe abominationi solite
praticarsi colà a cagione della Benefiziata; per la quale indotti molti da una
detestabil avidità di guadagno fanno sortilegi, e magie, e commettono ogni ec-
cesso più enorme, et indegno del nome Cristiano, e più provocativo della Di-
vina indignatione; riferendosi, che taluno habbia anche accese lampade à una
testa di Demonio, et adoratala, affinché lo facesse riuscire vincitore 46 .
Per il pontefice e per la curia romana, le pratiche sacrileghe e de-
moniache erano dunque inevitabilmente associate alla beneficiata.
L’ira divina poteva considerarsi finanche prevedibile, dal momento che
il terremoto del 5 giugno del 1688 era solo l’ultima delle sue terribili
manifestazioni: «Dal tempo, che s’introdusse tal Benefiziata sempre
che si è fatta è succeduto qualche infortunio. La prima volta pur seguì
un Terremoto. La seconda un gran Diluvio d’Acqua. La terza la morte
del Signor Marchese del Carpio; ed hora il Terremoto di cui si parla».
Non è stato purtroppo possibile ritrovare le fonti di queste «notitie»
riportate da Cybo, né sembra agevole identificare il terremoto e il «gran
Diluvio d’Acqua» cui fa riferimento il segretario di Stato. È invece
chiaro il legame stabilito tra l’estrazione dei numeri della beneficiata e
la morte del marqués del Carpio (deceduto a Napoli il 16 novembre del
1687). Oltre che da Muti, il viceré sarebbe stato più volte sollecitato a
bandire il gioco anche da «buoni servi di Dio», e in particolare dalle
monache clarisse cappuccine «dette le 33». Queste sollecitazioni rima-
sero vane «per l’interesse di migliaia di scudi, che porta al Real Patri-
monio». Quasi a voler tornare su una vecchia polemica sospinta dalla
Chiesa e dal diffuso mondo dei religiosi napoletani, Cybo notava che
«per non essersi voluto fare questa perdita, si soffre ora un danno ir-
reparabile di millioni». Sull’argomento del guadagno che rappresen-
tava un gioco simile per l’erario, il segretario di Stato sottolineava –
come avrebbe scritto anche a Muti – il rigore della politica pontificia:
«Sua Santità se havesse voluto introdurla in Roma ne haverebbe ri-
tratto somme considerabili; ma sapendo le sceleratezze, che vi si com-
mettono, l’hà sempre detestata, e mai non si è lasciata indurre à per-
metterla». «Tutte queste riflessioni» rendevano necessarie le pressioni
del cardinale Durazzo nei confronti di Carlo II e dei suoi ministri «af-
finché si ordini al Signor Vice-Ré assolutamente di abolir questa Be-
nefiziata per rimuovere insieme la causa di tante, e sì gravi iniquità» .
47
46 Aav, Segreteria di Stato, Spagna, 357, Cybo a Durazzo, Roma, 13 giugno 1688,
cc. 344v-346r.
47 Ibidem.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Aprile 2021
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)