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                lentezze strutturali del sistema di comunicazione della Carreras de In-
                dias, ma anche perché il dispaccio ordinario del viceré de la Palata
                partì dal Perù pochi giorni prima del terremoto. L’emergenza fu motivo
                di protagonismo politico da parte del viceré, che riservò grande atten-
                zione  alla  sfera  comunicativa,  istituzionale  ed  extra-istituzionale.
                Fermo restando la sua adesione al paradigma provvidenzialistico di
                interpretazione della catastrofe, il duque de la Palata continuò con rin-
                novato vigore lo scontro con l’arcivescovo di Lima e altre autorità ec-
                clesiastiche, come il capitolo della cattedrale, accusandole di scarsa e
                inefficace iniziativa. Le critiche del viceré riguardavano finanche la sot-
                tovalutazione del miracolo della lacrimazione di un’immagine della Vir-
                gen de la Candelaria, noto sin dal luglio del 1687, che a suo avviso
                aveva costituito un chiaro avvertimento dell’imminente terremoto. A
                questo scontro con il clero secolare corrispose un’alleanza con gli or-
                dini religiosi dei francescani e dei gesuiti, elogiati a più riprese per la
                loro attività; conflitti e alleanze che si riversarono nelle relazioni inviate
                a Madrid e – in parte – nella pubblicistica coeva .
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                   A Roma non sembrò affatto casuale – o almeno così s’intendeva in-
                sinuare – che il flagellum dei si fosse scagliato proprio nei luoghi am-
                ministrati dal viceré de la Palata. Il terremoto di Lima diventava un
                nuovo episodio della manifestazione dell’ira divina accanto al terre-
                moto nel Regno di Napoli, alle rivolte in Catalogna, alle minacce dei
                barbareschi nel Mediterraneo e dei corsari ribelli nelle Indie:

                   I  castighi  formidabili  scaricati  dalla  mano  di  Dio  nell’Indie,  e  in  Napoli,
                hanno il principale motivo dei disprezzi, e conculcazioni dei rispetti, e prero-
                gative della Chiesa; e che non si prendano li dovuti provvedimenti, possono
                temersi nuovi flagelli, e disastri; come in effetto si è inteso coll’ultime lettere
                di Napoli d’essersi risentite nuove scosse del Terremoto, le quali possono es-
                sere avviso, che tuttavia l’indignatione Divina non sia intieramente placata,
                anzi che sia irritata da nuovi accessi 71 .

                   Cybo riconduceva «l’indignatione Divina» a ciò che considerava un
                problema di fondo della Monarquía, ovvero la commistione tra l’auto-
                rità politica e religiosa ai danni dell’autorità religiosa. Di fronte alla
                spoliazione delle prerogative delle Chiesa, la beneficiata veniva relega-
                ta  in  secondo  piano.  Il  gioco  d’azzardo  e  le  pratiche  sacrileghe  non
                erano comunque da sottovalutare per l’indirizzo austero del pontificato


                   70  Cfr. J. Mansilla, El gobierno colonial de Lima y su capacidad de manejo de la crisis
                frente al terremoto de 1687: respuestas del virrey y del cabildo secular, «Revista del Ins-
                tituto Riva-Agüero», I (2016), pp. 11-37; D. Cecere, «Subterranea conspiración» cit.
                   71  Aav, Segreteria di Stato, Spagna, 357, Cybo a Durazzo, Roma, 5 settembre 1688,
                cc. 382v-383v.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Aprile 2021
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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