Page 15 - pdf intero 52
P. 15
Venezia e la globalizzazione (secoli XVII-XVIII) 279
dei corpi privilegiati e delle aree commerciali esclusiviste che sareb-
bero sfuggite al controllo di uno stato fondamentalmente mercantili-
sta : aspetti non del tutto irragionevoli ma che confliggevano con
12
forme commerciali più dinamiche in grado di superare strutture isti-
tuzionali anchilosate.
Ciò che sembra incontestabile è che la mancanza di tali organismi
all’epoca, per quanto sarebbero stati attaccati dal liberismo di fine Set-
tecento, teorizzato da Adam Smith - con qualche buona ragione ma
anche con l’eccessiva accentuazione del grado di imprenditorialità e di
positiva ricaduta economica che il liberismo veniva a creare – sembra
difficile negare che la loro assenza non abbia costituito una debolezza
intrinseca e supplementare alla tenuta del ruolo internazionale ed eco-
nomico di Venezia. È possibile, come proporrebbe Maurice Aymard,
che la mancata volontà di costituire delle compagnie commerciali rap-
presentasse l’inevitabile conseguenza della consapevolezza di non po-
ter aprire il commercio ad oceani troppo lontani, nella navigazione dei
quali erano necessarie altre organizzazioni e istituzioni finanziarie.
Vero è che non possiamo per questo stabilire alcuna coazione e
identità di interessi fra stati e compagnie commerciali, né fra le finalità
economiche delle compagnie e una loro identità etnica o religiosa,
come è stato sottolineato dalla letteratura storica più recente: questa
ha messo in guardia dall’interpretare l’esistenza di steccati insupera-
bili di ordine religioso o etnico . Una considerazione questa che non
13
vale di meno nel caso veneziano, dove bergamaschi o bresciani ave-
vano modo di giocare un ruolo importante negli stessi gangli marittimi
della Repubblica, come è stato evidenziato . In definitiva ci si trova
14
di fronte nel caso veneziano a un quadro economico e sociale articolato
dove è difficile intravvedere politiche coerenti e unidirezionali fossero
queste di carattere generale oppure riflettenti specifici interessi econo-
mici, di carattere monopolistico o di carattere etnico-religioso.
12 M. Costantini, Commercio e marina, in Storia di Venezia. L'ultima fase della Se-
renissima cit., pp.600-602; W. Panciera, Fiducia e affari nella società veneziana del
Settecento, CLEUP, Padova, 2001; R. Grafe and O. Gelderblom, The Rise and Fall of
the Merchant Guilds: Re-thinking the Comparative Study of. Commercial Institutions in
Premodern Europe, «Journal of Interdisciplinary History», vol. 40, n.4, Spring 2010,
spec. p.109 (un’analisi in termini esclusivamente econometrici delle compagnie com-
merciali, come fanno gli autori, lascia la variabile politico-istituzionale inevitabilmente
nell’ombra).
13 La letteratura sull’argomento è molto vasta e impossibile da riprendere in questa
occasione: cfr. almeno lo studio pionieristico sulla comunità sefardita di Livorno di F.
Trivellato, The Familiarity of Strangers: The Sephardic Diaspora, Livorno, and Cross-Cul-
tural Trade in the Early Modern Period, Yale University Press, New Haven, 2009.
14 J.D. Tracy, Il commercio italiano in territorio ottomano, in Il Rinascimento e l’Europa.
Commercio e cultura mercantile, IV, A. Colla, Vicenza, 2007, pp.426-451.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)