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                sont implantées et réparties aux divers nœuds et relais de ces réseaux
                en expansion» .
                              20
                   In tale quadro e a monte, per quanto riguarda Venezia, sembra ac-
                quisita l’evidenza di un patriziato meno coinvolto e interessato (quasi
                sicuramente per le più sicure e proficue occasioni di investimento in
                altri comparti dell’economia veneta, in primis gli investimenti fondiari)
                a continuare una politica commerciale che l’aveva contraddistinto nei
                secoli più fiorenti dell’espansione economica della Repubblica. A valle vi
                era una realtà socio-etnica complessa, frantumata ma anche solidale
                tanto che James Tracy ha proposto sia un «conflitto frenato» nella con-
                quista dei vari mercati medio-orientali, sia una «age of partnership» .
                                                                                21
                   La risposta storica e storiografica deve quindi analizzare empirica-
                mente l’operato di tali gruppi mercantili e proporre un’interpretazione
                che tenga conto da un lato del contesto storico in cui essi operavano,
                dall’altro  dell’apporto  decisivo  che  essi  contribuirono  nel  sostenere
                l’economia veneziana, con un’azione individuale e di gruppo, che que-
                ste comunità mercantili esprimevano. Se questa è la possibile inter-
                pretazione di fondo, è legittimo chiedersi quanto fossero stringenti i
                legami, la sintonia, l’unità di intenti fra queste minoranze e lo stato
                veneziano stesso, in un’epoca in cui l’idea di nazione e di sentire pa-
                triottico non si erano certo espressi. In altri termini la comunità greca
                o armena o ebraica e le altre ancora operavano a beneficio dei loro
                gruppi etnico-religiosi o della Repubblica ? E al loro interno quale era
                il livello di solidarietà o di estraneità ?
                   Tutte risposte da elaborare negli specifici contesti storici, rappor-
                tandosi tali minoranze a dei mercati internazionali in forte mutamento
                e ai quali occorreva adattarsi, e chi meglio di tali minoranze poteva
                interloquire con altre minoranze che pur esistevano all’interno di altri
                colossi come l’Impero ottomano e safavide, l’India dei Moghul o la Cina
                dei Qing ? Minoranze che dovevano adattarsi a realtà in continua tra-
                sformazione pena il loro estinguersi unitamente a quel «declino» gene-
                rale dello stato veneziano. D’altro canto se è proponibile parlare di ri-
                strutturazione e di conversione di molti settori manifatturieri nella Do-
                minante e nella Terraferma, innegabilmente lo Stato da Mar e il com-
                mercio che vi si sviluppava percorrevano un percorso suo proprio.
                   Certo i concorrenti nella conquista dei mercati internazionali non
                mancavano, ed erano numerosi sia nell’Adriatico sia nel Mediterraneo:


                   20  L. Berger, Épilogue, in Histoire globale, mondialisations et capitalisme cit., spec.
                p.440 ; fondamentali le pagine di Braudel dedicate ai circuiti mercantili in Les jeux de
                l’échange cit., pp.117-173 ; U. Tucci, The Psychology of the Venetian Merchant in the
                Sixteenth Century, in J.R. Hale (ed.), Renaissance Venice, Faber and Faber, London,
                1974, p. 356.
                   21  Tracy, Il commercio italiano in territorio ottomano cit., p.450.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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