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I mercanti della «nazione napolitana» a Palermo nel Settecento 423
crescita 120 , nonché al commercio di riesportazione per altri porti
dellʼisola o di fuori Regno.
Il secondo gruppo di fattori che, invece, segnala una fase nuova
rispetto al passato o, quanto meno, unʼaccelerazione negli intenti ri-
formatori impressi inizialmente ‒ dopo Carlo III ‒ anche da Ferdi-
nando IV. La necessità di porre mano alla riforma delle dogane, per
assicurare maggiori entrate e contrastare più efficacemente il con-
trabbando, imponeva di rivedere un sistema di dazi e diritti farragi-
noso e contraddittorio, frutto della sovrapposizione di provvedimenti
proposti nel tempo da diversi organi e autorità (viceré, Tribunale del
Real Patrimonio, amministratore della Secrezia), da applicare a una
giungla di soggetti e città beneficiari di franchigia o, al contrario, pie-
namente tassabili («rendabili»). Le scelte riformatrici includono prov-
vedimenti regi importanti sul piano politico amministrativo: lʼistitu-
zione di una Giunta delle dogane nel 1786, con funzioni conoscitive,
propositive e di vigilanza; lʼincarico al procuratore fiscale Giovan Bat-
tista Scaglia, sostenitore di una radicale riorganizzazione dellʼintero
sistema e della necessità di riportare al regio Erario gli uffici e le se-
crezie vendute o «arrendate» a privati; la redazione di un testo unico
delle norme da applicare (Codice doganale), per agevolare e unifor-
mare lʼattività degli officiali delle secrezie dellʼisola; la redazione di
unʼedizione aggiornata della Tariffa generale, con lʼindicazione dei
prezzi medi di mercato dei generi da stimare; lʼampliamento signifi-
cativo del numero di magazzini doganali da concedere in locazione
annuale agli operatori locali e stranieri.
Inoltre, si osservano variazioni importanti nella composizione del
ceto mercantile dagli anni Trenta in avanti: «In Palermo ‒ scriveva il
prosegreto amministratore nel 1734 ‒ veramente non si trova che un
solo Negoziante francese. Li Genovesi si sono impadroniti del commer-
cio in Palermo e glʼInglesi in Messina» 121 ; trapanesi, messinesi e ter-
mitani, sono ancora i maggiori frequentatori del porto della capitale,
che cominciano ad essere affiancati da un buon numero di napoletani,
di vietresi e di vicaioli. Da metà Settecento lʼinserimento dei positanesi
e dei calabresi rimescola ancora le carte, e i primi ‒ come si è visto
nelle pagine precedenti ‒ acquisiranno il monopolio della distribuzione
dei panni sorpassando vietresi e trapanesi. Dalla seconda metà del
Settecento, a Palermo, ricompaiono i francesi e sono in 29, nel 1793,
quelli che prestano giuramento di fedeltà al re e, tra questi, mercanti
120 O. Cancila, Palermo, Laterza, Roma-Bari, 2009 (1998), pp. 21-24.
121 Asp, Sec, vol. 2039, cc. 666r-671v, «Plana informativa sovra lʼosservazione del
Commercio deʼ Francesi nel Regno di Sicilia», databile 1734.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)