Page 170 - pdf intero 52
P. 170
434 Luca Lavarino
Se i vini della Fraschetta, che per nessun verso sono il prodotto né di vigne
vantaggiosamente situate, né di ben assortiti terreni, né di uve particolari, né
di costose diligenze per la fabbricazione, riuscirono bene in queste contrade,
possiamo finalmente, appoggiati non a teorie ma a fatti veri, ragionevolmente
conchiudere che le uve nostrali non hanno que’ vizi a se stesse inerenti che il
pregiudizio sino ad ora loro suppose, e che nulla osta ai lunghi viaggi dei vini
nostri 36 .
Secondo Gaspare Deabbate, anche i vini frizzanti e spumanti del
Piemonte, se secchi e non tanto dolci, potevano essere smerciati negli
States in cassettine da 12 bottiglie cadauna; il vino bianco, in partico-
lare, avrebbe sicuramente incontrato il gusto dei nordamericani per la
sua somiglianza con lo Champagne, l’unica qualità di vino ʻmousseuxʼ
conosciuta nel Nuovo Mondo.
Delle 2.000.000 di brente prodotte ogni anno nell’Astigiano, nel
Monferrato e nel Canavese, sempre secondo i calcoli del console, al-
meno 500.000 si potevano inviare in America e vendere a 30-35 fran-
chi per brenta, con un utile previsto del 37-46% per i viticoltori pie-
montesi e con un’annua entrata stimata in circa 15.000.000-
20.000.000 di franchi per le casse del Regno di Sardegna. Per la buona
riuscita della speculazione, Deabbate consigliava caldamente di imi-
tare alla perfezione i fusti francesi di Bordeaux, lavandoli con l’acqua-
vite prima di introdurvi il vino , non intraprendere le spedizioni nella
37
stagione calda, applicare e inchiodare sopra il tappo una piccola lastra
di latta e stivare bene i barili a bordo della nave, evitando così la temi-
bile collatura prodotta dal tentennamento e dall’urto in mare. D’altra
parte, riteneva fondamentale ottenere dal governo di Washington una
perfetta reciprocità sui diritti differenziali e portuali, e insediare in tutti
i più importanti scali della costa atlantica dei viceconsoli-commer-
cianti, ovvero dei corrispondenti affidabili in grado di intercettare al
meglio le tendenze del mercato americano: soltanto in questo modo il
vino piemontese avrebbe potuto costituire la base delle importazioni
negli Stati Uniti .
38
I buoni propositi di Gaspare Deabbate rimasero sostanzialmente
sulla carta. Nel gennaio del 1825 il console generale di Philadelphia
affidò a Vincent Bouland, viceconsole presso la sede di New York, tre
36 Ivi, mazzo 1, Filadelfia, 1 marzo 1822.
37 Mediante tale pratica il vino avrebbe evitato di ricevere dai legni del fusto la loro
negativa sostanza estrattiva, causa principale dell’alterazione di colore e di sapore. Il
generale Staglieno consigliava invece di impiegare la calce vergine, al posto dell’acqua-
vite, per rendere i fusti idonei alla miglior ricezione del vino. P. F. Staglieno, Istruzione
intorno al miglior modo di fare e conservare i vini in Piemonte cit., p. 11.
38 Ast, Cn Filadelfia, mazzo 1, Filadelfia, 1 marzo 1822.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)