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                verso il 1806 che potesse venirne profitto all’erario» . Leopoldo Bian-
                                                                  33
                chini nella sua Storia economico-civile di Sicilia fondava su una prassi
                riconosciuta e consolidata la facoltà sovrana relativa alla concessione
                dei permessi (pur senza rivendicare il principio della demanialità del
                sottosuolo):  «Re  Ferdinando  con  memorabil  rescritto  del  18  ottobre
                1808 sanzionò che il diritto del fisco ossia la Suprema regalia dovesse
                consistere soltanto nel darsi il permesso d’aprire le zolfatare, per quale
                fosse d’uopo pagare per ogni apertura once dieci dovendosi conside-
                rare tale permesso simile a quello che il governo accorda in Sicilia per
                l’uso  delle  pubbliche  acque  per  animar  mulini  e  macchine  idrauli-
                che» . Come si avrà modo di appurare, il succitato rescritto rappre-
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                sentò uno spartiacque rispetto alla precedente prassi feudale, ma fu
                anch’esso l’espressione di interessi particolari che impedirono il cor-
                retto sviluppo di un settore vitale per l’economia isolana.


                3. Regalie, prerogative regie, «baroni e privati allodisti»

                   In questo specifico ambito il retaggio della precedente disciplina si
                innestava dunque, in maniera più o meno forzata, sul più recente cor-
                pus normativo. Le motivazioni erano diverse, non ultima la volontà di
                garantire uno stato intermedio, che comunque non fosse lesivo degli
                interessi delle parti in causa, in attesa di un intervento più organico.
                Occorse attendere, però, un settennio prima di avere un provvedimento
                (ampio ma non onnicomprensivo) sulle miniere. La legge del 17 ottobre
                1826 confermava nella sostanza i principi enunciati nell’articolo 477 del
                Codice, stabilendo che le miniere «tanto metalliche, che semimetalliche,
                del pari che il carbon fossile, i bitumi, l’allume, ed i solfati a base me-
                tallica potranno essere scavate liberamente, e senza bisogno di alcuna
                nostra concessione dai particolari proprietari de’ fondi ne’ quali si rin-
                vengono; e potranno ciò eseguire tanto per sé stessi, quanto per mezzo
                di altri» (art. 1) . Tuttavia, l’articolo 16 fissava un’eccezione per il sal-
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                gemma, di cui la Corona deteneva la privativa, e il 17 per una serie di
                altri materiali e minerali (tra cui lo zolfo!): «Né anche si comprendono
                nelle disposizioni della presente legge le miniere di zolfo, di gesso, gli



                   33  L. Bianchini, Della storia economico-civile di Sicilia, Stamperia di F. Lao, Palermo,
                1841, vol. II, pp. 254-255.
                   34  Ivi, p. 255. Cfr. F. La Manna, L’ultima stagione del riformismo borbonico in Sicilia
                e l’opera di Lodovico Bianchini, «Nuova rivista storica», CIV (2020), pp. 371-394.
                   35  Supplimento alle cinque parti del Codice per lo Regno delle Due Sicilie, ossia leggi,
                decreti, rescritti e ministeriali, che ne hanno modificate o dilucidate le disposizioni, ripor-
                tate sotto gli articoli di legge ai quali si riferiscono dal 1819 al 1939, G. Pedone, Palermo,
                1840, p. 69.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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