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«Usque ad coelum, usque ad inferos». Dal feudo all’allodio... 457
che si estrae dalle miniere sarebbe per le circostanze di questo regno un
grande ostacolo ai progressi della privata industria»), e comunque ga-
ranti di interessi privati ma con inevitabili riflessi sull’economia gene-
rale dell’Isola («un ramo di commercio attivo utilissimo alla nazione») .
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Sotto questo riguardo, la corresponsione «per una sola volta» della
somma di dieci onze (che andava a rimpiazzare la decima feudale) «in
ragione del permesso» rilasciato dal Tribunale del Patrimonio, costi-
tuiva un’entrata quasi irrisoria, in quanto le casse statali avrebbero
comunque ricavato dall’attivazione di nuove miniere entrate ben più
cospicue per via della tassazione diretta e indiretta . Sulla base di
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queste premesse, appare perciò naturale concludere che il provvedi-
mento «di maggior libertà» del 1826 fu una «legge transitoria», inter-
pretabile come un «mezzo di aumentare l’industria, ma non di ordi-
narla diffinitivamente: prova ne è che per le miniere di zolfo […] che
già avevano un certo sviluppo, il legislatore non scosse i principi della
legge del 1808, che in certa guisa consacravano le massime dell’inter-
vento e della partecipazione del diritto di regalia dello Stato» .
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La contrattazione con i corpi intermedi della società – da una parte
la nobiltà feudale («alcuni baroni») sui cui fondi si trovavano quei
giacimenti minerari, che nella quasi universalità dei casi venivano
dati in gabella e quindi gestiti senza le opportune competenze tecni-
che e senza quei capitali necessari per un razionale sfruttamento
delle risorse; dall’altra il nuovo ceto dei civili («privati allodisti»)
42 Quest’ultimo dato era confermato dal fatto che non di rado le parti interessate
omisero il versamento della tassa dovuta in ottemperanza alle norme sull’apertura delle
zolfare: «Si vuole che mai il Sovrano avesse percepito questo diritto regale e che non si
osservasse nemmeno a rigore la necessità dell’autorizzazione preliminare del Tribunale
del R. Patrimonio per l’apertura di miniere, comunque […] il Rescritto del 1808 ebbe in
ciò a mantenere la necessità di questo consentimento preliminare qual manifestazione
della suprema autorità e regalia dello Stato», T. Traina, La legislazione mineraria in Italia,
L. Pedone Lauriel, Palermo, 1873, p. 81. Tuttavia, nel momento in cui il numero delle
miniere si accrebbe vi fu un diverso atteggiamento da parte della Corona. Si veda a tale
riguardo la nota n. 54 del presente lavoro.
43 L’art. 162 delle Istruzioni per la rettificazione del catasto fondiario (17 dicembre
1838) imponeva che le miniere di zolfo «per la quantità della produzione, saranno valu-
tate secondo lo stato attuale, sopra i contratti di affitto, e sopra altri documenti, ed in
mancanza sopra i registri de’ proprietarj, e sulla fede di persone pratiche. I prezzi sa-
ranno quelli legalmente stabiliti, giusta la qualità de’ zolfi dep[u]rati da tutte le spese. Il
diffalco per l’enunciata depurazione non potrà eccedere i due quinti di tutta la somma,
a meno di casi particolari ben verificati, e previa l’approvazione della Ispezione generale»,
R. Ventimiglia, Collezione delle leggi dei reali decreti sovrani rescritti regolamenti e delle
ministeriali riguardanti la Sicilia dal 1817 al 1838. Ordinata in modo cronologico con note
ed osservazioni, Stamperia all’insegna del Leone, Catania, 1839, vol. III, p. 208.
44 T. Traina, La legislazione mineraria in Italia cit., p. 85.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)