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458 Fabrizio La Manna
coinvolti nel processo di trasferimento dei beni della declinante no-
biltà – in una fase di instabilità politica, evidenziava l’incerta stra-
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tegia politica regia mirante a riformare le strutture amministrative e
l’assetto produttivo, ma sempre per via di compromessi e senza la
necessaria determinazione.
Può essere senz’altro utile comprendere come si giunse a una simile
risoluzione. Fino alle soglie del XIX secolo vi erano stati dei tentativi di
esplorazione del sottosuolo, ma era mancata una continuità in tali
operazioni. Nella ricostruzione di Carlo Gemmellaro, le cui ricerche fu-
rono seminali per gli studi di geologia nella Sicilia borbonica, le mi-
niere «non furono esplorate prima del 1720. Sotto Carlo VI Imperatore
taluni de tedeschi venuti colla imperiale armata, pratici di metalli
grezzi, riconobbero nei dintorni del distretto di Messina il piombo, il
rame, l’antimonio e l’argento fra le rocce di quelle montagne. Il governo
fu indotto da queste scoperte ad imprendere gli scavamenti»; tuttavia,
«poco dopo le scavazioni furono abbandonate; il governo non ne ri-
trasse vantaggio. Ma ben lo ricavavano tante persone a quello scopo
impiegate; ed alla venuta al Trono di re Carlo III Borbone, il cavamento
delle miniere fu riattivato ed istruzioni generali per l’amministrazione
di esse furono stampate a 27 novembre 1751» .
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Il quadro era però destinato a modificarsi nell’arco di pochi decenni,
e con esso il ruolo della Corona, interessata a favorire un settore che
avrebbe potuto garantire alle pubbliche casse ingenti entrate, e che
per questo motivo rivendicava l’esercizio delle prerogative spettanti e
la conversione dell’antica modalità di tributo (decima) in una forma di
contribuzione più consona ai tempi. Se alla fine del ‘700 erano poco
più di trenta le località in cui erano state aperte delle miniere , al
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principio del nuovo secolo all’aumento dei permessi fece seguito un
cospicuo innalzamento della quantità di minerale estratto, «tantoché
la decima di prodotto, stabilita dalle leggi antiche a pro dello stato,
prima a quanto pare non regolarmente riscossa forse per l’esiguità del
prodotto stesso, dopo il 1806 si cominciò ad esigerla con un certo ri-
gore per la crescente produzione del solfo. La qual cosa, stante la
45 G. Barone, Dai nobili ai notabili. Note sul sistema politico in Sicilia in età contempo-
ranea, in F. Benigno, C. Torrisi (a cura di), Élites e potere in Sicilia dal medioevo ad oggi,
Donzelli, Roma, 1995, pp. 167-175.
46 C. Gemmellaro, Sulla vera condizione delle miniere in Sicilia. Rapporto letto nella
tornata ordinaria del 26 agosto 1841, in Atti dell’Accademia Gioenia di Scienze naturali
di Catania, Tipografia dei Fratelli Sciuto, Catania, 1842, vol. XVIII, pp. 67-68.
47 Mario Gatto puntualizzava che erano 32 le «solfare, o meglio [le] località distinte,
in alcune delle quali si aprirono contemporaneamente o posteriormente più escava-
zioni», M. Gatto, Cenni sulla storia delle solfare di Sicilia, «Annuario della Società dei
Licenziati della R. Scuola Mineraria di Caltanissetta», II-III (1887-88), pp. 129-158, ora
in «Archivio Nisseno», 11 (2012), pp. 120-142.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)