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«Usque ad coelum, usque ad inferos». Dal feudo all’allodio... 459
limitata estensione delle miniere, produsse un malcontento generale
nei proprietari ed esercenti»; i quali, di rimando, «avanzarono reclami
di ogni genere, in modo che il Sovrano, anche perché riusciva difficile
il controllo per l’esazione del decimo, emanò un decreto (8 ottobre
1808) col quale abolì l’obbligo della decima stabilendo invece un paga-
mento in onze dieci (£. 127,50) per una volta sola all’atto di domandare
il permesso di apertura della miniera» .
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Anche se la Corona non era intervenuta a modificare la disciplina
sulla proprietà del sottosuolo (o quantomeno del suo sfruttamento),
lasciando ampia facoltà ai proprietari del suolo di farne l’uso che rite-
nessero opportuno, questa opzione non va interpretata semplicistica-
mente come una manifestazione di lassismo e debolezza. Infatti, la ri-
vendicazione del principio della demanialità del sottosuolo avrebbe ol-
tremodo vincolato lo sviluppo di un settore il cui esercizio ottimale
avrebbe richiesto, invece, una visione imprenditoriale, capitali da in-
vestire, competenze tecniche adeguate e una capace rete infrastruttu-
rale , fattori senza eccezione indisponibili in quel passaggio storico-
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politico. Per cui, rispetto a una politica di sviluppo lungimirante e so-
stenibile nel medio e nel lungo periodo, si scelse di seguire una prassi
di sfruttamento incontrollato che garantiva nell’immediato entrate co-
spicue sia per le casse pubbliche che per i proprietari dei suoli (e nelle
fasi di prezzi alti anche per gli «esercenti») .
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Malgrado la crescita vertiginosa del settore la situazione rimaneva
fluida e soggetta a brusche transizioni, subendo, inoltre, il forte con-
dizionamento del contesto internazionale e delle diverse stagioni poli-
tiche . Ad esempio, alla fine degli anni ‘30, in occasione della polemica
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a margine della concessione alla compagnia francese Taix-Aycard del
monopolio sul commercio degli zolfi siciliani, la stampa governativa
ricominciò non a caso a reclamare la sussistenza delle prerogative re-
gie in materia di miniere, rievocando il principio del «vantaggio comune
[…] ammesso dal maggior numero de’ giureconsulti», secondo il quale
le «ricchezze sotterranee non appartengono di pieno dritto a’ proprie-
tarî della superficie»: «Se è vero che sia proprietà nazionale il territorio
sul quale una nazione crebbe e visse […]; se tutto ciò che mediante il
48 Ivi, p. 127.
49 P. Militello, Rappresentazioni, pratiche e governo del territorio nella Sicilia d’età
moderna, «Archivio nisseno», 24 [supplemento n. 2] (2019), pp. 11-21; S. Vinciguerra,
L’isola costruita. Stato, economie, trasformazioni del territorio nella Sicilia borbonica, Scia-
scia, Caltanissetta-Roma, 2002.
50 R. Spampinato, La produzione dello zolfo in Sicilia ovvero i costi dell’arretratezza.
1830-1860, in D. Ligresti (a cura di), La cultura scientifica nella Sicilia borbonica, Mai-
mone, Catania, 2011, pp. 43-61.
51 A. Scirocco, Ferdinando II e la Sicilia: gli anni della speranza e della delusione
(1830-1837), «Rassegna Storica del Risorgimento», LXXIV (1987), pp. 275-298.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)