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«Usque ad coelum, usque ad inferos». Dal feudo all’allodio... 463
industrie nazionali. Interessanti le riflessioni di Antonino Blando sulla
retorica politica del monopolio naturale, una «costruzione culturale,
continuamente riproposta specie nei momenti di crisi, che parte dal
falso presupposto della naturale ricchezza del Mezzogiorno per sfo-
ciare nell’accusa a un nemico esterno – sempre diverso e sempre più
lontano – di averla sfruttata a discapito dei suoi abitanti», da interpre-
tarsi, piuttosto, come un’opportunità mancata per il consolidamento
di un processo di modernizzazione capace di agganciare in maniera
stabile i trainanti circuiti commerciali internazionali . Rientrava pie-
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namente in questo schema la riflessione di Francesco Mortillaro sulla
mercatura degli zolfi, che così descriveva la situazione al principio degli
anni Trenta, quando un rapido innalzamento dei prezzi aveva «invo-
gli[ato] i Siciliani non solo ad estrarre la massima quantità che si po-
teva da tali miniere in esercizio, ma in attività le altre si misero, e si
sgraffiò da pertutto la terra per aprirne delle nuove, e dei processi si
rinvennero onde offrire con prestezza il prodotto, ed accrescere la
massa della produzione» . Questa «lussuria di produrre», combinata
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all’«astuzia» degli «stranieri», fece sì che in poco tempo si ebbe una
saturazione dei mercati internazionali: «In quell’anno se ne offrì in
commercio più di 900.000 quintali, laddove il bisogno del consumo
non era più di 6 a 700.000; gli stranieri per timore di aumento pro-
gressivo del prezzo, e per astuzia lo incettarono […]; da ciò ne venne
che temporaneamente la offerta stiede al di là della ricerca» .
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Rivelatrice di tutte le contraddizioni che caratterizzavano il settore
fu la nota controversia Taix-Aycard, che sarebbe superfluo ricostruire
nel dettaglio in questa sede. Basti qui accennare al fatto che – se per
ovviare alla caduta dei prezzi dello zolfo, conseguenza di un’eccessiva
produzione che il mercato non era in grado di assorbire, in un primo
tempo la Corona sottoscrisse nel 1838 con la compagnia francese fon-
data dai mercanti marsigliesi Amato Taix e Arsenio Aycard (supportati
dal noto banchiere Laffitte) una convenzione della durata di dieci anni
per l’acquisto a prezzo concordato e la commercializzazione degli zolfi
siciliani – a causa delle pressioni inglesi nel 1840 si procedette alla
64 A. Blando, Da un “monopolio naturale” all’altro cit., p. 3. Significativa appare la
riflessione di Salvatore Lupo al riguardo: «Come l’economia di piantagione nei paesi
dell’attuale terzo mondo, il settore [agrumicolo] nasce come conseguenza di uno stimolo
proveniente dalla metropoli capitalistica, in mancanza del quale, probabilmente, non
esisterebbe. In questo senso l’agrumicultura è parte di un più vasto quadro di proiezione
internazionale dell’isola, ottocentesca (zolfo, vino), ma anche precedente (grano, seta)»,
S. Lupo, Tra società locale e commercio a lunga distanza: la vicenda degli agrumi siciliani,
«Meridiana», 1 (1987), p. 85.
65 F.P. Mortillaro, Saggio Economico-Politico-Statistico su i provvedimenti nella merca-
tura degli zolfi di Sicilia, Stamperia Oretea, Palermo, 1840, pp. 10-11.
66 Ivi, p. 11.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)