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                alcuni letterati come «saraceni fottuti» –, si manifesta dunque una perso-
                nale avversione per la professione medica . Vale la pena qui riportare
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                parti del carteggio per restituire tutta la crudezza, ma anche la icasticità,
                della prosa pisaniana. Su Gallo, di trenta anni più giovane, che risiede a
                Napoli dove ricopre l’incarico di ‘ufficiale referendario’ presso il Supremo
                Consiglio di Cancelleria, si riversano le attenzioni del barone dopo la per-
                dita del figlio. Inconsolabile nella sua afflizione – «le mie pene possono
                essere per alcun’istante sospese; e non mai finire. Esse avranno termine
                nella mia morte»  – Pisani non manca di riversare il suo fiele sui colleghi
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                del ‘Ripartimento dell’Interno’ e sulla classe dirigente isolana, impegnan-
                dosi inoltre in una personale polemica contro Gioacchino Rossini, «l’an-
                tecristo della musica», che è difeso da Gallo .
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                   La riorganizzazione amministrativa che coinvolge la Real Segreteria
                di Stato gli fornisce l’occasione per lanciare i suoi strali sui ministri «al
                di qua del faro adorni sempre di quella istupidezza, che tanto li distin-
                gue», che in questa occasione potrebbero elaborare uno di «quei loro
                piani, ove ordinariamente l’uomo di merito è villanamente posposto
                all’imbecille, all’ignorante e quel che più importa al disonesto» . Vor-
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                rebbe recarsi a Napoli per seguire da vicino la pratica che riguarda la
                sua famiglia, immeritatamente privata della Percettoria, ma è impedito
                dalle trame interne ordite dai funzionari ministeriali di dubbia prove-
                nienza, che, a suo dire, la fanno da padroni: «la genia degli uomini
                pessimi odia per istinto quelli di onore, e di probità; ed io appartengo
                senza contraddizione alla classe dei secondi» .
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                   La lettera dell’otto gennaio 1818 è la prima in cui l’aristocratico si
                dilunga sui travagli di Diego Pignatelli (il duca di Monteleone) e sull’ac-
                canimento dei medici, che definisce «masnada di sicarj». Qui compare
                un  esplicito  riferimento  al  «bestiame  boeraviano»  rappresentato  dai
                medici ottusi seguaci della scuola di Leida, tronfi di un sapere sterile
                che si esprimerebbe per aforismi e con le frasi oscure delle lingue pas-
                sate . Pochi giorni dopo, il 17 gennaio, nel comunicare al suo interlo-
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                cutore il decesso di Pignatelli, adopera espressioni ancora più pesanti
                sulla classe dei medici e sugli effetti nocivi delle loro cure, che ritiene
                prive di fondamento:


                   48  Biblioteca Comunale di Palermo «L. Sciascia», Pietro Pisani. Diciannove lettere ad
                Agostino Gallo, segn. 2QqG112, n. 10 (le carte non sono numerate).
                   49  Ivi, lettera dell’undici settembre 1815.
                   50  Ivi, lettera del 26 febbraio 1818. Sulla prolungata polemica anti-rossiniana di Pi-
                sani cfr. A. Collisani, Umorismo di Rossini, cit. e M.A. Balsano, Pisani in Babilonia, ovvero
                duetto a voce sola tra un Antirossiniano irriducibile e un correligionario fedifrago, cit.
                   51  Biblioteca Comunale di Palermo «L. Sciascia», Pietro Pisani. Diciannove lettere ad
                Agostino Gallo, cit., lettera dell’undici settembre 1815.
                   52  Ivi, lettera del tredici ottobre 1815.
                   53  Ivi, lettera dell’otto gennaio 1818.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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