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Pietro Pisani e la Real Casa dei Matti (1824-1837) 481
La feroce malatia, che assalì con tanta forza il povero Duca di Monteleone
lo ha già finito. La masnada di tutti i nostri medici che da principio si riunirono
per attaccare con parole greche e latine il fiero morbo, nel corso della pugna
fecero causa comune col medesimo, e rivolsero le sue armi contra l’ammalato,
il quale non potendo resistere a tanti nemici si è dato per vinto, e passò di
questa vita la matina dei 4, all’ore dodici d’Italia. Dopo la morte i medici lo
vollero aprire a guisa di vittima, e dalle sue interiora conobbero perfettamente,
e giudicarono collegialmente che il Sig. Duca era stato ben curato e secondo
l’arte: ma che la maniera irregolare del di lui vivere, ed i suoi accessi giornalieri
avevano avvicinato il di lui termine. Dunque gli uomini saranno così stupidi,
che continueranno a chiamare costoro, per farsi ammazzare in forma legale, e
per essere dai medesimi dopo morte calunniati? L’ultima arma dunque
dell’ignoranza loro è la calunnia? E questi ciarlatani godono del privilegio di
uccidere impunemente gli uomini, senza che vi sia un giudice a cui ricorrere per
le di loro gravissime colpe, che portan seco la morte; anzi si devono pagare dallo
stesso defunto, e ringraziare dagli eredi che perdono il congionto, ed ai quali
spesse volte han tolta la sussistenza. Amico questo è procedere da pazzi; ed io
grazie a Dio sono assente da tale vergognosa mania. Per ben morire non v’ha
alcun bisogno di medici; e la salute è nemica da loro 54 .
Egli stesso, che è stato attaccato «gagliardamente da un tenace
umore al petto», il quattro febbraio informa Gallo di avere iniziato ad
assumere il «chermis» (l’ossisolfuro d’antimonio, detto chermisi) lon-
tano dalla presenza molesta dei dottori, che del resto «non mi vogliono
vedere, per cui grazie a Dio altri mali non soffro, che solamente quelli,
che mi apporta la malatia». E ancora, il dodici dello stesso mese, am-
mette di essere migliorato «senza l’opera dei medici», con la cura dei
figli e riuscendo a procurarsi i farmaci con un espediente: «ho preso
due acini al giorno di Chermis ed oppio, e non son sortito di casa. Ecco
tutto. Scrivo io stesso la ricetta a nome ordinariamente di greco. Gli
speziali che non son notari, leggono il nome del medico senza curarsi
del carattere, e mi danno Chermis ed oppio in quantità» . Il ventitré
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febbraio, nel comunicare all’amico la frattura del femore della madre
settantasettenne, che è stata sottoposta a «brutale salasso», precisa di
non aver potuto opporsi a quello che si prospetta come un «omicidio»
da parte dei chirurghi:
Mia madre è cascata in chiesa, ed ha ricevuta la grazia di rompersi il femore
sinistro. Si chiamano tosto tutti i chirurgi di Palermo, i quali costanti sempre nei
loro buoni principj, aprirono a prima visita largamente la vena dell’ammalata,
54 Ivi, lettera del 17 gennaio 1818 (il corsivo è mio). La lettera è già stata pubblicata
in G. Agnetti, A. Barbato, Il barone Pisani e la Real Casa dei Matti di Palermo, cit., p. 66.
55 Biblioteca Comunale di Palermo «L. Sciascia», Pietro Pisani. Diciannove lettere ad
Agostino Gallo, cit., lettera del 12 gennaio 1818.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)