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                ro asburgico nel voler rintuzzare l’espansione musulmana nei Balcani,
                espansione dettata sicuramente per motivi religiosi, strategici e mili-
                tari sebbene ambizioni commerciali ed economiche non dovevano es-
                sere del tutto assenti.
                   In ogni caso la Repubblica di Venezia nel corso di ben tre-quattro
                secoli (1453-1797) dovette fare i conti con un impero articolato e com-
                plesso , stabilendo di volta in volta con esso (come un’abbondante
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                letteratura ha messo in rilievo) trattati, paci separate, periodi di belli-
                geranza e scambi economici, accettando obtorto collo compromessi e
                trattative che le permettessero di far sopravvivere i propri commerci e
                assicurarsi l’approvvigionamento delle materie prime e dei prodotti di
                base necessari alle proprie manifatture. La stipulazione della Pace di
                Passarowitz, nel 1718, permise certo alla Repubblica di godere di un
                lungo periodo di pace armata con la Porta (specie se confrontata con
                le fasi belliche, ben cinque, che si erano susseguite fra il Quattro e il
                Cinquecento). Il prezzo fu rappresentato però da una neutralità che
                rasentava  l’insignificanza  nelle  strategie  geopolitiche  messe  in  atto
                dalle maggiori potenze commerciali dell’epoca.
                    La chiave di volta affinché la permanenza nei mercati mediterra-
                nei fosse assicurata poggiava quindi sempre più esclusivamente su
                quelle minoranze le quali grazie a una complessa ma efficace rete di
                rapporti familiari, interessi diretti e consuetudine con le attività com-
                merciali, oltre che con la conoscenza dei luoghi e delle lingue parlate
                riuscivano a penetrare nei mercati locali e assicurare una tradizione
                veneto-centrica.
                    È possibile che nei Balcani fossero gli Ebrei la comunità mercantile
                più attiva ma se volessimo estendere una possibile chiave di lettura
                ad Armeni, Greci ed evidentemente Turchi, sicuramente il quadro ci
                apparirebbe altrettanto ricco di implicazioni e sfaccettature. Quel che
                ancora va sottolineato è che tali comunità una volta accettata la su-
                bordinazione formale alle istituzioni consolari che rappresentavano il
                potere formale in una determinata area geografica, esse non manca-
                vano di auspicare una maggiore autonomia nei loro affari, rifiutando




                   37  O.L. Barkan aveva stabilito uno stretto rapporto tra il declino di Venezia e quello
                ottomano, un declino egualmente da esplorare con maggiore attenzione: Le déclin de
                Venise dans ses rapports avec la décadence économique de l’Empire Ottoman, in Aspetti
                e cause della decadenza economica veneziana nel secolo XVII, Istituto per la collabora-
                zione  culturale,  Venezia,  1961,  pp.275-276.  Vedi  anche  P.  Preto,  Venezia e i Turchi,
                Viella (Sansoni 1975), Roma, 2015; G. Poumarède, Il Mediterraneo oltre le crociate : la
                guerra turca nel Cinquecento e nel Seicento tra leggende e realtà, UTET, Torino, 2011,
                pp.76-94; S. Ortega, Negotiating Transcultural Relations in the Early Modern Mediterra-
                nean: Ottoman-Venetian Encounters, Ashgate, Farnham, 2014.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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