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Venezia e la globalizzazione (secoli XVII-XVIII) 295
In effetti fu questo un periodo durante il quale il valore dei prodotti
serici spediti dai commercianti francesi e britannici dai porti del Me-
diterraneo orientale minacciava di superare quello movimentato dai
Veneziani, i quali un tempo avevano goduto di un quasi monopolio
della seta orientale. Non a caso nel 1628 mentre i Francesi avevano
fatto registrare un movimento di affari per un valore di 581.400 piastre
e gli Inglesi di 481.400 piastre, i Veneziani avevano potuto gestire, al-
meno in quell’anno, solo 302.000 piastre. Marsiglia aveva già impor-
tato negli anni 1621-22 137.000 Kg. di seta greggia , in gran parte
iraniana, vale a dire la stessa quantità che avevano importato i Vene-
ziani alla fine del secolo precedente. In questo stesso biennio Suraiya
Faroqhi avrebbe calcolato il totale delle importazioni annuali di seta
asiatica in Europa, in gran parte iraniana, in 200.000-230.000 Kg.
Nell’ambito di queste importazioni gli Inglesi, secondo i suoi dati, si
sarebbero assicurati dai 38.000 ai 65.000-70.000 Kg., mentre i Vene-
ziani si sarebbero limitati, almeno in quegli anni, a poche centinaia di
balle per un peso di circa 27.000 Kg. .
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Vero è che tali cifre debbono essere considerate nel quadro di un
arco cronologico più largo, tenendo conto che tali movimenti potevano
aver avuto solamente un valore congiunturale. Tuttavia esse dimo-
strano da un lato quanto fosse vitale e in forte espansione il settore
serico in tutta Europa, dall’altro quanto Venezia dovesse difendersi da
una concorrenza sempre più incalzante.
Già dal XVI secolo si era guardato in ogni caso ad Aleppo come al
centro fondamentale a cui far affluire le merci dell’Asia «e particolar-
mente le persiane», in quanto si sperava che non si volgessero tutte «a
mezzogiorno attirate dalla nuova via insegnata da Vasco di Gama». La
città aveva assunto quindi da quel secolo il ruolo di cerniera privilegiata
fra l’Asia e il Mediterraneo, avendo superato in importanza Alessandria,
la quale sarebbe stata a sua volta scavalcata dal Cairo. È altrettanto
importante rilevare come in termini macroeconomici prodotti come la
seta, lo zucchero e il cotone facevano registrare un’importanza vieppiù
maggiore, tanto da controbilanciare l’antico commercio delle spezie, che
restava nelle mani dei Portoghesi. Lo sbocco istituzionale «per dare mi-
gliore regola e svolgimento a tale commercio» non poté che essere di
trasferire in Aleppo nel 1548 «il consolato generale veneto nell’Asia» .
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57 S. Faroqhi, Crisis and change, 1590-1699, in An Economic and Social history cit.,
pp.502-503. Edmond Herzig calcolerebbero delle quantità ancora maggiori: «all'inizio del
Settecento la produzione annua aveva raggiunto livelli intorno ai 900.000 kg, mentre
l'export è stato stimato intorno ai 500.000 kg. (E. Herzig, The Volume of Iranian Raw
Silk Exports in the Safavid Period, «Iranian Studies», 1992, p.71).
58 F. Braudel, Civiltà e imperi del Mediterraneo nell'età di Filippo II, Einaudi, Torino,
1976, Vol. primo, pp.608-611; U. Tucci, Un ciclo di affari commerciali in Siria (1579–
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)