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                   È stata scelta, per il presente contributo, una periodizzazione che
                comprenda un lasso di tempo a cavallo tra XIV e XV secolo, in un
                momento  di  particolari  cambiamenti  per  il  mondo  ligure  proiettato
                all’esterno. Gli anni intorno al 1330, se rappresentano il picco di mas-
                sima espansione dell’universo genovese verso Oriente, coincidono d’al-
                tro canto con la chiusura delle rotte asiatiche e con un momento di
                ripensamento della spinta mercantile genovese, che vedeva sbarrata
                la via per l’Estremo Oriente e la Cina . Ne sarebbe derivata un’occu-
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                pazione consistente di posizioni nel Mediterraneo orientale e sul Mar
                Nero, tra cui la presa di Chio e di nuovi empori in Crimea . La caduta
                                                                       11
                di Costantinopoli alla metà del Quattrocento avrebbe invece sancito il
                declino  degli  insediamenti  genovesi  nel  Levante,  mentre  i  mercanti
                della città stavano già operando da decenni la loro riconversione di
                sguardi a Occidente: questo momento è stato scelto come limite per
                l’indagine . Sono stati osservati quindi i testamenti redatti in Oriente
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                o «in partibus infidelium», tra Caffa, il Mar Nero, Chio, Cipro, fino al
                Medio Oriente e alla Persia. Il testamento era spesso una summa della
                vita del committente, che è possibile leggere in filigrana tra i lasciti di
                beni, i destinatari, le donazioni, gli affrancamenti, i desideri di sepol-
                tura, i rapporti familiari. I testamenti permettono di approfondire l’at-
                taccamento dei cosiddetti «genovesi d’Oriente» alla città da cui erano
                partiti, testimoniando la persistenza dei legami – o meno, nel caso di
                chi aveva scelto di recidere ogni connessione con una metropoli che
                aveva abbandonato – con quella che sarebbe sempre rimasta, in fondo,
                una città e una patria da cui non si poteva prescindere.






                Famagosta e Venezia (1355-1365), Comitato per la pubblicazione delle fonti relative
                alla storia di Venezia, Venezia, 1973.
                   10  Sulle ragioni della chiusura delle rotte asiatiche: R.S. Lopez, Nuove luci sugli ita-
                liani in Estremo Oriente prima di Colombo, Università di Genova, Genova, 1975, pp. 122-
                127; B.Z. Kedar, Mercanti in crisi cit., pp. 175-177. Per una rassegna dei lavori riguardo
                ai mercanti genovesi in Asia durante il Medioevo: F. Surdich, La storiografia sui Genovesi
                in Asia Centrale ed in Estremo Oriente nel XIII e XIV secolo, in G. Revelli (a cura di), Da
                Ulisse a… La città e il mare dalla Liguria al mondo. Atti del Convegno internazionale,
                Imperia, 7-8-9 ottobre 2004, ETS, Pisa, 2005, pp. 71-83.
                   11  Sull’occupazione genovese di Chio nel 1347 in particolare: G. Pistarino, Chio dei
                Genovesi nel tempo di Cristoforo Colombo, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, Roma,
                1995, pp. 23-52. Per la formazione della relativa Maona: P.P. Argenti, The occupation of
                Chios by the Genoese and their administration of the Island 1346-1566, I cit., pp. 107-
                116.
                   12  Sulla «riconversione a Occidente» dei genovesi in particolare: G. Pistarino, I Gin
                dell’Oltremare cit., pp. 409-488.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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