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                seppe, quasi due anni dopo il fatto, che il marito Pietro era morto a
                Famagosta nel 1386 e aveva fatto testamento, designandola erede uni-
                versale; ella nominò dunque un procuratore per riscuotere la propria
                eredità .  Nel  1405  un  tal  Clavarino  de  Caperana,  che  si  trovava  a
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                Chio, aveva il compito di consegnare a Genova una somma di 33 lire
                e 15 soldi agli eredi di Bertone de Caperana, suo parente .
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                   Sempre nei primi anni del Quattrocento il giovane mercante Ago-
                stino de Carmo era trapassato a Tana, lasciando in sospeso numerosi
                affari in Oriente con diversi soci. Il padre Andrea, rimasto a Genova,
                tra l’immaginabile dolore per la morte del figlio, il 5 maggio 1410 aveva
                nominato Nicolò di Credenza come proprio procuratore per il recupero
                dell’eredità. Nicolò era giunto dunque sul posto e se ne era occupato,
                riscuotendo i crediti di Agostino: era stato tra l’altro ordinato all’ex
                console di Tana, Antonio de Oliverio, di liberare uno schiavo di Ago-
                stino, di cui probabilmente il console si era impossessato. Ma ciò non
                era più possibile perché Antonio de Oliverio era morto poco dopo in un
                naufragio, come si è visto, e con lui lo stesso schiavo . Il padre di
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                Agostino de Carmo, tuttavia, non era stato l’unico a nominare un pro-
                curatore per la vicenda: un consorzio di mercanti formato da Battista
                Lomellino, Urbano Piccamiglio e Benedetto de Nigrono aveva già inca-
                ricato Nicolò Lomellino di recarsi da Genova al Mar Nero per recupe-
                rare le quote di un’accomandita che essi avevano affidato al defunto
                per commerciare a Tana . Numerosi casi, dunque, mostrano le mo-
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                dalità di recupero dei beni e del denaro lasciato nelle parti d’Oriente,
                che sembrava svolgersi sempre in forma più o meno privata. Abbiamo
                scarsi documenti che mostrino il ruolo dei consolati e delle istituzioni
                coloniali genovesi nell’amministrazione della giustizia, dunque anche
                della gestione delle pratiche testamentarie o dei problemi legati al re-
                cupero delle eredità. Emerge ancora il ruolo fondamentale del notaio,
                in particolare nell’ambito della giustizia civile. Spesso nel caso di que-
                rele ereditarie ci si rifaceva all’arbitrato di un terzo, senza ricorrere al
                costoso intervento del podestà, facendo ratificare il tutto da un notaio
                di curia. Si trattava degli stessi notai che raccoglievano le ultime vo-
                lontà, alla presenza di almeno cinque testi .
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                   24  Asge, Notai Antichi 375, c. 183v. Genova, 23 gennaio 1388.
                   25  P. Piana Toniolo, Notai genovesi in Oltremare. Atti rogati a Chio da Gregorio Panis-
                saro (1403-1405) cit., doc. 138, p. 188. Chio, 14 gennaio 1405.
                   26  S.P. Karpov (a cura di), Notai genovesi in Oltremare. Atti redatti a Caffa cit., doc.
                21, pp. 393-395. Caffa, 13 novembre 1410.
                   27  Ivi, doc. 21, p. 470. La notizia della procura, stilata a Genova il 19 febbraio 1410,
                è contenuta nello stesso documento di cui sopra.
                   28  M. Balard, Il notaio e l’amministrazione della giustizia nell’Oltremare genovese, in
                Id., Gênes et la mer, II cit., pp. 686-692.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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