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Vivere e morire fuori patria: i testamenti genovesi in Oriente 317
Il problema si complicava se il testatore era perito dove non esiste-
vano comunità genovesi, a differenza appunto delle colonie come Pera,
Caffa o Chio, in cui la fitta rete di rapporti favoriva il recupero . D’al-
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tronde i genovesi si trovarono a far testamento un po’ ovunque nel
mondo orientale, da Beirut, in Libano, a Savastopoli (odierna Su-
khumi, in Georgia), nel profondo Mar Nero . Nel dicembre 1389 Pe-
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trina de Pagana, moglie del defunto Babilano Cibo, aveva ricevuto
l’eredità del marito morto a Damasco, secondo il testamento scritto
nella città siriana per mano del notaio Pietro Zane il 13 marzo di
quell’anno . Il caso di Luchessa Fantinati era un po’ più complicato
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perché il marito, Antonio Facorini, era morto in non meglio specificate
«remotis partis orientalibus» . La vedova, agendo in quanto tutrice del
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loro figlioletto Pietro, aveva nominato altri due mercanti di Pera per
gestire i numerosi affari del marito, che erano sparsi in Romania, Tur-
chia e Gazaria, oltre a beni che si trovavano «in Insula Cipri seu etiam
in partibus Syrie» .
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Un altro aspetto da tenere in considerazione sono le strutture fami-
liari dei testatori, riconducibili principalmente a chi aveva una famiglia
stabilmente residente nelle colonie e chi l’aveva lasciata a Genova.
Come ha ricordato Michel Balard, tra la fine del Duecento e l’inizio del
Trecento la Romania genovese era una società in cui tra i liguri emi-
grati predominavano i giovani maschi. Negli atti notarili di quei de-
cenni sono registrate poche donne genovesi e quasi nessuna apparte-
nente ai grandi alberghi della metropoli, mentre erano abbastanza fre-
quenti i matrimoni misti con donne locali. Gran parte delle spose era
comunque rimasta in Liguria all’inizio del XIV secolo . Nel successivo
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periodo di consolidamento della presenza genovese Oltremare, qui
preso in analisi, proprio la presenza di nuclei familiari marcava la dif-
ferenza tra viaggiatori temporanei e coloni stanziali. Vi erano famiglie
saldamente radicate in Oriente, in particolare nei tre grandi insedia-
29 M. Balard, L’amministrazione genovese e veneziana nel Mediterraneo orientale in
Id., Gênes et la mer, II cit., p. 704.
30 Sappiamo che il genovese Ioseph Carcinto del fu Bartolomeo redasse testamento
a Beirut il 17 settembre 1407. Notizia in: Asge, Notai Antichi 603/I, doc. 65. Genova, 12
ottobre 1408. Nel 1410 invece il notaio Oberto Grasso, curatore dell’eredità del mancato
Giovanni di Recco, aveva nominato suoi procuratori Giorgio di Recco e Giacomo di Ra-
pallo, incaricandoli di recarsi a Savastopoli (Sukhumi) per recuperare i crediti del de-
funto. S.P. Karpov (a cura di), Notai genovesi in Oltremare. Atti redatti a Caffa cit., doc.
13, p. 384. Caffa, 20 ottobre 1410.
31 «ex testamento et ultima voluntate dicti quendam Babilani scripto seu scripta in
Damasco manu Petri Zane quondam Bartholomei de Murfino publici notari hoc anno
die XIII mensis marcii». Asge, Notai Antichi 447, c. 139r. Genova, 22 dicembre 1389.
32 Asge, Notai Antichi 462, cc. 84r-85r. Genova, 17 agosto 1397.
33 Ivi, cc. 85r-85v. Genova, 17 agosto 1397.
34 M. Balard, La Romanie génoise (XIIe- début du XVe siècle) cit., I, pp. 255-256.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)