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Vivere e morire fuori patria: i testamenti genovesi in Oriente   323


                       Gli emigrati continuavano, in punto di morte, a rivolgersi alle azioni
                    del proprio comune: questo filo economico li legava e Genova e rima-
                    neva forse il più duraturo di tutti. Ancora Addano de Carpaxio, con il
                    suo testamento redatto a Famagosta nel 1373, lasciava ai propri fi-
                    deiussori una somma da investire nell’acquisto di luoghi in favore dei
                    propri eredi ; qualche anno prima Bartolomeo de Montaldo, residente
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                    a  Caffa,  aveva  destinato  60  fiorini  per  provvedere  al  matrimonio  di
                    Lino, figlia di Leonardo Tartaro, che andavano investiti nelle compere
                    genovesi . Nel 1399 Bartolomeo de Vignolo, «habitatorem et burgen-
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                    sem  Foliarum  Novarum»,  ovvero  Focea  Nuova,  nel  suo  testamento
                    aveva ordinato l’acquisto di 12 luoghi della compera «Sancti Pauli Novi
                    civitatis Ianue» alla sua morte, i cui proventi sarebbero stati divisi tra
                    gli eredi . Nel Quattrocento, Pietro de Vernazza, podestà di Famago-
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                    sta, destinava una parte dei propri averi all’investimento nei titoli di
                    quello che ormai era divenuto il Banco di San Giorgio , mentre il già
                                                                         57
                    citato Franco di Levanto disponeva l’acquisto di mezzo luogo i cui pro-
                    venti sarebbero stati destinati per il primo anno a Giorgio, ex schiavo
                    tartaro, e in tutti gli anni successivi «inter pauperes Christi»: tuttavia
                    egli investiva nelle compere di Caffa . Il rapporto tra i mercanti geno-
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                    vesi, poco sensibili al dato affettivo e più a quello monetario, e la città
                    d’origine si era ridotto a questioni meramente economiche?


                    Lasciti pii e tenaci persistenze

                       Un dato interessante, per indagare i legami tra gli emigrati e la ma-
                    drepatria, sono le donazioni pie nei testamenti genovesi d’Oltremare. I
                    lasciti pro anima, presenti nella maggior parte dei testamenti durante il
                    Medioevo, forniscono indizi sui riferimenti affettivi e sui legami intimi
                    che persistevano nell’anima di chi aveva abbandonato casa per cercare




                       54  M. Balard, L. Balletto, C. Schabel, Gênes et l’Outre-mer. Actes notariés de Fama-
                    gouste cit., doc. 5, pp. 90-91. Famagosta, 22 ottobre 1373.
                       55  S.P. Karpov (a cura di), Notai genovesi in Oltremare. Atti redatti a Caffa cit., doc.
                    5, p. 226. Caffa, 12 agosto 1366.
                       56  Il testamento di Benedetto de Vignolo era stato stilato l’8 agosto 1399, ma egli era
                    morto solo qualche anno più tardi, nel 1403, data in cui furono acquistati i luoghi delle
                    compere.  Nelle  disposizioni  i  beneficiari  erano  Giovanni  de  Castelliono  e  Maddalena,
                    moglie del defunto. P. Piana Toniolo, Notai genovesi in Oltremare. Atti rogati a Chio da
                    Gregorio Panissaro (1403-1405) cit., docc. 18-19, pp. 70-72. Chio, 3 settembre 1403.
                       57  M. Balard, L. Balletto, C. Schabel, Gênes et l’Outre-mer. Actes notariés de Fama-
                    gouste cit., doc. 8, p. 162. Famagosta, 17 novembre o dicembre 1433.
                       58  S.P. Karpov (a cura di), Notai genovesi in Oltremare. Atti redatti a Caffa cit., doc.
                    3, p. 506. Caffa, 28 febbraio 1443.


                                                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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