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Gaudioso (saggi)_4  25/04/18  11:47  Pagina 60






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                 che, non essendo giuridicamente determinato, si poteva rimettere all’ar-
                 bitrio dello stesso vescovo, il quale, però, da buon vescovo, doveva avere
                 «Deum ante oculos», «lenitudinem servare», comportarsi «civili modo» e,
                 come  un  paterfamilias,  disporre  «de  quantitate  moderata  bonorum
                 defuncti», soprattutto quando il morto intestato avesse parenti.
                    Dopo queste osservazioni generali, il Riccio entra nel merito delle
                 disposizioni, affrontando un nodo giuridico di rilevante importanza,
                 qual era quello della morte intestata di persone «incapaces testandi»
                 per il diritto civile, nei confronti delle quali il vescovo faceva il testa-
                 mento dell’anima. In altri termini, se si era incapaci di testare per il
                 diritto civile, si poteva fare testamento per il diritto canonico, a favore
                 dell’anima? Il dubbio è sciolto in senso favorevole, sulla base della più
                 accreditata letteratura giuridica («secundum veriorem opinionem»), in
                 quanto, se per il diritto civile era richiesta l’osservanza di ogni solen-
                 nità, per quello canonico, invece, traendo fondamento dal privilegio
                 della causa pia, poteva essere sufficiente la «mera voluntas», anche
                 quella captatoria (rimessa all’arbitrio di un terzo).
                    Le considerazioni finali del Riccio sono rivolte a un altro tema scot-
                 tante: la sepoltura dei morti intestati. Con riferimento alla propria dio-
                 cesi,  ribadisce,  in  linea  generale,  la  liceità  di  non  concedere  la
                 «licentiam sepeliendi» a tutti i morti intestati, ma solo a quelli che, pur
                 avendo manifestato la volontà di fare testamento ad pias causas, non
                 avevano potuto realizzare il loro desiderio per la morte improvvisa o
                 per altra causa. In questo caso, bisognava, comunque, dare sepoltura
                 al cadavere, non molestando i parenti, ma esortandoli a erogare qual-
                                                                      43
                 cosa a favore dei poveri della diocesi, «ad honorem Dei» .
                    Un trattato sui doveri e sui privilegi dell’episcopato del Regno di
                 Napoli è quello del canonico napoletano Paolo Squillante (dottore in
                 utriusque e protonotaio apostolico). La sua opera (Tractatus de obliga-
                 tionibus  et  privilegiis  episcoporum),  apparsa  nel  1649  per  i  tipi  di
                 Roberto Molle , è fondata sul diritto comune, su quello canonico, sui
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                    43  Ivi, pp. 446-448.
                    44  P. Squillante, Tractatus de obligationibus et privilegiis episcoporum in quo quidquid
                 fere, iure communi, sacris Canonibus, Conciliis, aliisq. Pontificiis Constitutionibus, ac
                 Sacrae Congreg. Decretis Episcopis praecipitur, aut prohibetur. Quae privilegia, praeroga-
                 tivae et facultates eius competunt, breviter, ac distincte continetur. Cum dilucidatione dubio-
                 rum singulis frequentius in praxi occurrentium. Auctoritatibus praesertim recentiorum.
                 Auctore Paulo Squillante V. I. D. neapolitano, protonotario apostolico, canonico presbytero
                 prebendato Metropolitanae Ecclesiae Neap. Ministri Generalis Supremae universalis San-
                 ctissimae Inquisitionis de Urbe contra Haereticam pravitatem in hoc Regno, Fisci Patrono.
                 Cum duplici indice altero praeceptorum prohibitionum et privilegiorum, altero materiarum,
                 Napoli, tip. Roberto Molle, 1649.


                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Aprile 2018       n.42
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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