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Gaudioso (saggi)_4  25/04/18  11:47  Pagina 63






                   In nome del morto. Vescovi e testamenti dell’anima nel Regno di Napoli (secoli XVI-XVII)  63


                   vante importanza era il problema dei morti senza testamento, che, se
                   in povertà («Pauperes et miserabiles personae»), potevano essere sepolti
                   anche nella cattedrale; mentre, negli altri casi, si doveva rispettare la
                   consuetudine «immemorabilis et rationabilis» della chiesa gallipolina e
                   di molte altre diocesi del Regno, in virtù della quale «corpus non sepe-
                   litur, si prius Episcopus faciat testamentum ad pias causas», dispo-
                   nendo per l’anima del defunto di una quantità moderata di denaro,
                                                                                     47
                   tenendo conto «temporis, loci, ac personarum conditione perpensa» .
                      Ulteriori elementi di sostegno alla prassi sono riscontrati dal de
                   Estrada nelle stesse visite apostoliche, e particolarmente in quella effet-
                   tuata nel 1627 dal vescovo venusino Andrea Perbenedetti nella diocesi
                   di Lecce, nella quale il visitatore apostolico aveva riconosciuto, seppure
                   limitata ai forestieri deceduti ab intestato, la prerogativa del vescovo di
                   Lecce di fare il testamento dell’anima, a condizione che si rispettasse
                   la quarta funeraria toccante al parroco della chiesa di sepoltura del
                   morto .
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                      Basata sulla Praxis genovesiana è, inoltre, l’asserzione che la con-
                   suetudine dei testamenti dell’anima trovava fondamento «in praesum-
                   pta mente decedentis, qui si casum inopinatae mortis praevidisset,
                   aliquid pro anima sua, et in restitutionem forsan male ablatorum,
                   etiam si extarent haeredes, iuxta omnium generalem consuetudinem
                   reliquisset». Il concetto della «praesumpta defuncti voluntas» è un tema
                   centrale dell’analisi del de Estrada per il riconoscimento giuridico della
                   validità del testamento dell’anima, disposto dal vescovo nella sua fun-
                   zione di «Minister Dei» e «organum dictae voluntatis», in quanto «etiam
                   extincto corpore viget voluntas in bonis»; e tale volontà, non espressa
                   in vita, poteva essere eseguita solo dal vescovo, che, in tal modo, attra-
                   verso la «pia, et laudabilis consuetudo», avrebbe consentito alle anime
                   dei morti all’improvviso e sospese nel purgatorio di ricevere i suffragi a
                   espiazione delle pene inflitte. L’intervento vescovile, inoltre, non era in
                   contrasto con il diritto naturale, che consentiva al padre di testare per
                   il figlio minorenne; e, in tal senso, ancora più lodevole era la consue-
                   tudine  in  virtù  della  quale  il  vescovo,  come  «pater»,  disponeva  per
                   l’anima di colui che, colto da morte repentina, non aveva potuto pen-
                   sare alla salvezza della propria anima, e anche nei casi in cui «dispo-
                   nere non voluit». A sostegno della propria tesi (supplenza vescovile), il
                   de Estrada si richiama alle decisioni della Congregazione dei Vescovi e




                      47  F. de Estrada, Discursus iuridicus cit.
                      48  La visita è conservata nell’Archivio della Curia arcivescovile di Lecce, Archivio del
                   Capitolo cattedrale, Decreti di visita apostolica di A. Perbenedetti, fol. 87.


                   n.42                            Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Aprile 2018
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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