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Gaudioso (saggi)_4  25/04/18  11:47  Pagina 62






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                    Tra gli scritti giuridico-religiosi prodotti nel corso del XVII secolo,
                 bisogna anche considerare il Discursus iuridicus 46  fatto pubblicare nel
                 1665 dall’arcivescovo di Brindisi Francesco de Estrada (1659-1671),
                 nel più ampio contesto dei decreti e delle costituzioni sinodali deliberati
                 dal sinodo celebrato il 13 settembre 1663 (alla presenza, su invito, del
                 sindaco e del corpo decurionale cittadino). Il motivo che indusse il de
                 Estrada alla redazione del suo Discursus iuridicus risiedeva nella lite
                 con il vescovo di Bitetto, Francesco Gaeta (1655-1669), sorta in seguito
                 alla morte improvvisa della principessa di Mesagne, il cui testamento
                 dell’anima era preteso dal vescovo di Bitonto, in quanto la nobildonna,
                 seppure sposata in Mesagne, era originaria della sua diocesi, nella
                 quale si trovava la cappella di famiglia. Per dirimere il contrasto, il de
                 Estrada si rivolse alla Congregazione dei Vescovi e Regolari, che, il 27
                 novembre 1665, nel merito della specifica questione, decise che la «con-
                 fettione del testamento» spettasse al de Estrada, e riconoscendo, per
                 altro verso, la legittimità e il carattere lodevole della pratica dei testa-
                 menti dell’anima «conforme al solito di coteste parti».
                    Dal Discursus iuridicus dell’arcivescovo brindisino si rileva, innanzi
                 tutto, che la prassi dei testamenti disposti dal potere vescovile nei con-
                 fronti dei morti repentinamente e ab intestato costituiva una consue-
                 tudine quasi generale del Regno di Napoli, in virtù della quale era lecito
                 prelevare ad pias causas la quarta parte dei beni mobili del defunto. A
                 sostegno di tale tesi, il de Estrada si richiama ai decreti e alle costitu-
                 zioni sinodali di alcune diocesi regnicole, tra le quali quelle di Salerno
                 (1579), Brindisi (1613), Otranto (1642), Gallipoli (1660). In particolare,
                 nel sinodo celebrato a Gallipoli, al tempo del vescovo Giovanni Montoya
                 de Cardona (1659-1666) e dato alle stampe nel 1661, sulla base di
                 varie fonti (tra le quali, il canone 13 della sess. 25 del Concilio di
                 Trento, relativo alle sepolture), erano stati approvati alcuni decreti, che,
                 nel rispetto della consuetudine della chiesa locale, regolavano la deli-
                 cata materia delle sepolture (da negare, in virtù dei Sacri Canoni, a
                 determinate categorie, tra le quali, infedeli, apostati, eretici, scismatici,
                 bambini  morti  senza  battesimo,  scomunicati  e  interdetti  pubblica-
                 mente, suicidi, morti in duello, inconfessi, pubblici peccatori impeni-
                 tenti),  mentre  per  la  concessione  e  l’assenso  alla  sepoltura  era
                 necessaria la licenza in scriptis del vescovo o del vicario diocesano e il
                 cui mancato rispetto poteva comportare anche la scomunica. Di rile-




                    46  F. de Estrada, Discursus iuridicus pro consuetudine qua Episcopi condunt testa-
                 menta animae in hoc Regno. Una copia, senza indicazioni tipografiche, è stata da noi rin-
                 venuta nell’Archivio della Curia Vescovile di Nardò (Fondo Corrispondenza).


                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Aprile 2018       n.42
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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