Page 68 - 1
P. 68
Gaudioso (saggi)_4 25/04/18 11:47 Pagina 64
64 Francesco Gaudioso
Regolari («Episcopus tamquam pater communis ipsorum vices sup-
49
pleat») .
Altro punto spinoso era quello della volontà degli eredi dei morti
intestati, da acquisire prima della redazione del testamento dell’anima.
La questione si presentava assai delicata e conflittuale nei casi di oppo-
sizione parentale, per il cui superamento il vescovo poteva «etiam hae-
redem dissentientem coercere», a condizione però che si accertasse il
manifesto dissenso, che, come raccomandato, il 5 febbraio 1591, dalla
Congregazione con specifico riferimento all’operato del vescovo di Bria-
tico, doveva essere chiaramente espresso e non supposto, onde evitare
liti con gli eredi e conflitti giurisdizionali con le autorità civili (in parti-
colare il Consiglio Collaterale), intervenute in più occasioni per ribadire
che «La legge ha consentito che l’homo possa morire ab intestato, et
non ci è legge naturale canonica o civile, che ordini, o consenta che il
50
vivo habia da fare il testamento al morto» .
Un caso emblematico, in tal senso, era la «magna altercatio»,
insorta in Calabria, tra il vescovo di San Marco Antonio Migliori e la
marchesa di Corleto Lucrezia Carafa, vedova del barone Ippolito San-
severino, deceduto ab intestato e, per tale circostanza, i suoi beni
patrimoniali erano stati oggetto di un acceso contenzioso innescato
dalla volontà del vescovo di pretendere una somma consistente pro
anima del defunto, corrispondente alla “quarta” dei beni mobili (sti-
mata in alcune migliaia di ducati). Nonostante gli interventi vicereali
che avevano ingiunto al Migliori di non molestare la vedova, il vescovo
ricorse con estrema decisione ai “cartoni” di scomunica nei confronti
51
di tutti coloro che si opponevano alle proprie richieste . In partico-
lare, il viceré, conte di Miranda, il 31 maggio 1588, ingiunse al
vescovo di non pretendere «indistintamente» la «integra quarta parte
de tutti li mobili» della ricca eredità Sanseverino, soprattutto se la
somma pretesa non fosse stata utilizzata con finalità pro anima e ad
pias causas («cosa molto empia, irrationabile, et grave corrottela repu-
gnante alli Sagri Canoni et ad ogni legge civile, e naturale»), in quanto
non si poteva imporre il testamento, soprattutto post mortem . In rife-
52
rimento a questo clamoroso caso, coinvolgente le massime autorità
regnicole (il viceré e il Consiglio Collaterale), il de Estrada, pur soste-
49 F. de Estrada, Discursus iuridicus cit.
50 L’affermazione è del delegato della Real Giurisdizione, Fulvio di Costanzo, che così
si espresse nel 1607 (Asn, Delegazione della Real Giurisdizione, vol. 177, fasc. 12, f. 2).
51 B. Chioccarello, De Testamentis cit., c. 43r-v.
52 Ivi, cc. 43v-44r, 50r.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Aprile 2018 n.42
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)