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Sabbatini (saggi)_5  14/12/18  09:31  Pagina 546






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                    Convinti che si tratti di un falso, i membri delle Differenze propon-
                 gono di inviarne copia all’agente lucchese presso la curia romana, il
                 canonico Giovanni Giacomo Fatinelli «pregandolo a volere con tutta
                 destrezza, e senza alcuna dimostrazione o apparenza di tenerne da noi
                 ordine, indagare e darci ragguaglio se veramente detto manifesto sia
                 finto e inventato da altri, o pure publicato per ordine del re Giacomo».
                 Il Consiglio approva il memoriale nel suo complesso, ma non quest’ul-
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                 timo suggerimento , evidentemente consapevole della debolezza poli-
                 tica  della  linea  della  falsità  del  Manifesto  e  forse  anche  meno
                 ingenuamente fiducioso della rettitudine del comportamento di Re Gia-
                 como. Del resto, il 30 dicembre Orsucci scriveva da Firenze, facendo
                 intendere come negli ambienti granducali – che peraltro si erano pru-
                 dentemente mostrati assai freddi con lo Stuart 15  – si potesse approfit-
                 tare  della  situazione  insinuando  che  i  governanti  lucchesi  non
                 potessero non sapere:

                    Il Manifesto del Re Giacomo, che alla prima lettura credei ancor io essere
                 apocrifo, non può già stimarsi così per i molti rincontri che vi sono della sua
                 realità, sapendosi fino il tempo preciso in cui fu fatto dal Re stesso, che mandò
                 il quel giorno la regina ad un convento costì, il che sussistendo ve ne… [dovrà]
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                 essere appresso chi lo serviva qualche memoria .

                    E pochi giorni dopo aggiungeva:
                    Vi sono qui degl’inglesi del partito del re Giacomo che mostrano molta pas-
                 sione della sua persona, e che avevano confidenza con quelli del seguito di Sua
                 Maestà, onde non è gran cosa che potessero avere cognizione di ciò che si
                 faceva dal medesimo, almeno per coniettura, ma per quello che riguarda il
                 manifesto, non cade dubio che non sia suo, né esso si sente che vi repugni per
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                 quanto fin ora si è inteso di Roma .
                    Fugato, dunque, ogni dubbio sull’autenticità del manifesto del Preten-
                 dente, Carlo Orsucci – evidentemente sull’onda dei commenti diffusi nella
                 corte granducale – torna a esprimere qualche considerazione di merito
                 mostrando dimestichezza con le vicende storiche inglesi del XVII secolo:





                    14  Ibidem.
                    15  «Può essere che il timore di qualche cosa poco avertita di questa sorte, delle quali
                 s’è conosciuto esser capace quel povero principe, sia stata la causa delle durezze di que-
                 sta corte, che non ha voluto esporsi a qualche contratempo che, male interpretato in
                 Inghilterra, portasse delle conseguenze» (Differenze 381, Lettera di Orsucci, Firenze 30
                 dicembre 1722, n. 389).
                    16  Ibidem.
                    17  Differenze 200, Lettere responsive 1723, Lettera di Orsucci da Firenze, n. 3.


                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018     n.44
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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