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548 Renzo Sabbatini
dettaglio perché consente di cogliere il gioco di specchi della diplomazia
informale: i personaggi, i ruoli, i contesti e le forme del passaggio delle
informazioni in uno scambio delle parti dai molti risvolti. Il protagonista
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involontario è il nipote dell’Orsucci, Carlo Domenico Mansi . Nell’estate
del 1723, Mansi ha quarant’anni, ha fatto lunghi viaggi in Europa, si è
solo recentemente sposato, è reduce da un primo impegno pubblico, una
strana e misteriosa missione alla corte dei Savoia per scoprire una mil-
lantata cospirazione. In quell’inizio di agosto si trova a Firenze, ospite
dello zio ambasciatore per «sentire l’opera». È tutt’altro che ingenuo, ma
certo, nonostante l’età e l’esperienza dei viaggi, ha ancora molto da impa-
rare riguardo al gioco del dire e non dire e al groviglio tra informazione
ufficiale e chiacchiera privata, tipici dell’ambiente diplomatico. E la per-
manenza presso lo zio, che ha alle spalle cinque anni come inviato resi-
dente a Madrid, costituiva un ottimo apprendistato.
La sera del 7 agosto, ad una conversazione, Mansi viene avvicinato
dall’abate Antonio Niccolini, «che aveva in Pisa contratta stretta amicizia
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con l’inviato inglese Malevort [Molesworth] , e che l’ha sempre servito ne
giorni che si è trattenuto in Firenze per sentire l’opera». A Mansi l’abate
disse esser stato incaricato dal medesimo di fargli confidenza che la nostra
Repubblica era in poco buona considerazione alla corte d’Inghilterra per il trat-
tamento fatto nell’anno scorso all’antagonista del re presente non essendosi
contentata di farli dell’accoglienze e finezze come ad un gran principe, o di
lasciare che da suoi gentiluomini si scrivesse in nome privato, ma che s’era
avanzata a riconoscerlo in modo che appariva in cospetto del mondo che lo
riconosceva come vero re d’Inghilterra, passo che non s’era voluto fare da verun
altro prencipe di Europa a riserva del papa.
22 Sull’interessante personaggio, che ha lasciato un ampio ricordo autobiografico
scritto nell’estate 1743, vedi Sabbatini, L’occhio dell’ambasciatore cit., L’episodio è rico-
struito alle pp. 140-144.
23 Sul personaggio, vedi D.W. Hayton, Molesworth, Robert, first Viscount Molesworth,
in Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press, 2004 e 2008; Inga-
mells, A Dictionary cit., ad vocem; J. Black, British Diplomats and Diplomacy 1688-1800,
Liverpool, Liverpool University Press, 2001, pp. 20, 54 e 110; K. Wolfe, John Molesworth:
British Envoy and Cultural Intermediary in Turin, in Turin and the British in the Age of
the Grand Tour, edited by P. Bianchi, K. Wolfe, Cambridge, Cambridge University Press,
2017, pp. 163-178; S. Forlesi, Tra erudizione classica e propaganda whig: Salvini e i diplo-
matici inglesi a Firenze, in Diplomazia e comunicazione letteraria cit., pp. 103-118; F.
Fedi, ‘Piste’ inglesi per la lettura settecentesca di Machiavelli, in Diplomazia e comunica-
zione letteraria cit., pp. 151-168. Da vedere in particolare W. Molesworth, Two Shaftes-
burian Commissions in Florence: Antonio Selvi’s portrait medals of John and Richard
Molesworth, «Irish architectural and decorative studies», VIII, 2005, pp. 221-257; W.
Molesworth, John Molesworth (1679-1726) as a Patron of Art: Complacence, Connoisseur-
ship and Commissions, MLitt, Dept. of History of Art and Architecture, Trinity College,
Dublin, 2010.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018 n.44
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)