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Sabbatini (saggi)_5  14/12/18  09:32  Pagina 550






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                    Il contegno che ha tenuto meco nei giorni che è stato qua non è stato punto
                 sostenuto; ci siamo nelle conversazioni parlati però di cose generali, e indiffe-
                 renti senz’entrare in particolare confidenza, ed una sera che io mi estendevo
                 seco nelle proteste di rispetto che si professava dalla Republica al suo re, e nel
                 desiderio che havevo che durante il tempo del mio ministero venisse egli a spie-
                 gar qui il suo carattere per risiedere a questa corte, acciò avessi modo di darli
                 i dovuti contrasegni della venerazione nostra verso la maestà sua, rispose egli
                 sperare che ciò seguirebbe terminato il trattato di Cambrai, e che lo desiderava
                 come soggiorno più confacente alla sua sanità; ma per ciò che poteva rispon-
                 dere in riguardo alla Republica mi pare divertisse il discorso et entrasse in
                 altro proposito.

                    Come si vede, l’ambasciatore aveva toccato con abilità il tasto di
                 quel nuovo trasferimento a Firenze – dove era stato rappresentante
                 ufficiale del governo inglese dal marzo del 1711 all’aprile 1714 – che
                 Molesworth non faceva mistero di ricercare, e non solo «come più con-
                 facente alla sua sanità». Nella capitale granducale aveva infatti stretto
                 contatti culturali importanti, come quello con l’architetto Alessandro
                 Galilei da lui stesso convinto a trasferirsi a Londra a metà degli anni
                 Dieci, o quello con Anton Maria Salvini in occasione della sua tradu-
                 zione del Cato di Addison e della sua ammissione alla Royal Society; e
                 ancora in qualità di committente (in verità un po’ a corto di fondi) di
                 due importanti sculture di Antonio Montauti, quali Hebe e Ganymede
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                 with the Eagle of Jupiter . Non è dato sapere quanto fosse a cono-
                 scenza Orsucci di tale ruolo di intermediario culturale, che peraltro
                 non sembra mai emergere nelle fonti lucchesi. L’auspicio del ritorno a
                 Firenze come inviato aveva comunque avuto il suo effetto positivo,
                 almeno verso la sua persona, anche se l’ambasciatore lucchese deve
                 registrare un “diplomatico” silenzio riguardo alla Repubblica.
                    Ogni minima sfumatura di una conversazione puramente formale
                 e, fuori dell’ambiente diplomatico, insignificante viene dunque analiz-
                 zata alla ricerca di una traccia che aiuti a cogliere il senso “vero” della
                 vicenda. Può anche darsi, aggiunge Orsucci, che l’abate Niccolini si sia
                 «avanzato più di quello li era stato detto»; in ogni caso sarà meglio che
                 «egli più si mescoli in questo negozio». Ma è l’elemento umano quello
                 determinante per valutare correttamente il caso:

                    L’inviato per altro è soggetto moderato e discreto, da non inasprire le cose,
                 e non dell’humore, come esso dice, del suo antecessore Davenant, e voglio cre-
                                                                       26
                 dere che questa apertura l’habbia fatta con buona intenzione .




                    25  Wolfe, John Molesworth cit.
                    26  Differenze 200, Lettera di Orsucci, Firenze 8 agosto 1723, n. 322.


                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018     n.44
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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