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verminium febriculosum sanguinem innare» e quindi riporta la noti-
zia che si erano trovati dei vermi in un bubbone 101 . Giovan Battista
Bindi rinviene la causa della peste in una «caeca et occulta qualitate»,
in un «semen vitiosum», emesso dal corpo ammalato e accolto in
corpi ‘disposti a riceverlo’ 102 .
Un autore che scrive nello stesso periodo e sembra vicino a Gatta è
invece Maurizio da Tolone; a suo avviso, l’aria aveva una responsabilità
quando si trattava di aria infetta, compromessa dall’alito dei pazienti
(«il che non seguirebbe se giacesse l’infermo in aperta Campagna, o
veramente in luogo, che fosse esposto a soffij de’ venti, e havesse
grande, e competente essalatione») 103 . Secondo il padre cappuccino, era
stata appunto l’ignoranza relativa alla pericolosità dell’alito degli infetti
a portare all’alta mortalità che si era registrata a Genova, Napoli e
Roma 104\ . Più tardi lo avrebbe osservato anche Tommaso Cornelio,
attribuendo la tesi a Marco Aurelio Severino, nella sua lettera ‘dall’al-
dilà’, Marcus Aurelius Severinus Crathigena Timaeo Locrensi Municipi
suo 105 . Da quelle pagine si comprende bene come nell’Accademia degli
Investiganti vi sia stato un dibattito sulla natura della peste e quindi
si sia giunti alla conclusione che all’origine del morbo non vi fosse la
corruzione, ma la (sola) prossimità agli appestati (la stessa conclusione
cui era giunto Gatta) 106 .
101 Roscio allude poi a un dibattito che si tenne a Roma, se potessero nascere dei
corpuscoli dalla materia: Id., De postrema pestilentia Urbis Romae, Excudebat Vitalis
Mascardus, Romae, MDCLXV, pp. 172-73; intanto, Tommaso Cornelio si attestava su
posizioni antigaleniche: cfr. Id., Progymnasmata Physica, Venetiis, B.N. Moreschi, 1683
(I ed. 1663), p. 152 sgg.
102 G.B. Bindi, Loemographiae Centumcellensis Sive de Historia Pestis Contagiosae
quae anno intercalari MDCLVI in Ecclesiastica Ditione primum Civitatem Veterem invasit,
et inde in Pontificiarum Triremium Ducem fuit illata, libri quinque, Romae, Typis Varesii,
1658, pp. 89-99.
103 M. da Tolone, Trattato politico da pratticarsi ne’ tempi di peste, circa gl’ordini com-
muni, e particolari dell’Infermarie, Purgationi, e Quarantene, P.G. Calenzani, Genova,
1661, p. 5.
104 Ivi, p. 15.
105 T. Cornelii, Progymnasmata Physica cit., pp. 184 ss.; Cornelio dedica questa parte
del suo testo a Giovann’Alfonso Borelli, alludendo alla peste, che gli aveva sottratto
l’amico, Marco Aurelio Severino, ‘di grandissima erudizione’ ma dai modi semplici; la
dedica porta la data del 1661.
106 Ivi, p. 214: si credeva che la peste fosse causata da vizio di sangue e invece erano
responsabili «halitus expirationesque a morbido corpore exhalantes circumfuso aeri per-
miscentur, eique lethale virus communicant». Cornelio non cita Gatta, che lo aveva pre-
ceduto.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018 n.44
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)