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                 Orsola, per le sue clarisse 111 . Pur avendo sollecitato poco prima il car-
                 dinale Filomarino perché «proibisse riunioni di tanta gente» (il I di giu-
                 gno)  112 , anche il viceré partecipò all’imponente processione per poi
                 dare un suo piccolo contributo all’edificazione del convento  113 . L’ef-
                 fetto  devastante  di  quella  processione  fu  evidente  a  molti.  Nicolò
                 Pasquale scrisse che fu come un ‘andare a precipitare’ tutti insieme:
                 «Impercioche, per il male tanta calca valse, come l’ultimo lascio, o tra-
                 collo al precipitio d’un gran peso, per totalmente disfarsi in polvere,
                 e  in  ruine,  l’un  l’altro  contaminando,  per  cader  tutti  insieme»  114 .
                 Facendo leva sull’aforisma di Santorio appena citato, Gatta afferma
                 che era indispensabile proibire processioni e messe nelle chiese assu-
                 mendo una posizione netta piuttosto rara  115 . La scienza doveva gui-
                 dare  la  politica,  non  la  paura,  non  la  fede,  non  una  paradossale
                 prudenza, che portava ad assecondare la popolazione, pur se asse-
                 condarla significava esporla al contagio 116 .



                 Contagio per contatto?

                    Non meno innovativo è ciò che Gatta afferma sulle modalità in cui
                 si trasmetteva la peste. Come ho già ricordato, secondo Fracastoro, la
                 peste si trasmetteva o per contactum o per fomitem o ad distans; nel
                 primo caso, il contagio avveniva direttamente, come quando un acino





                    111  Si veda, tra le varie fonti, Anonimo, Relazione del contaggio di Napoli e suo Regno,
                 Napoli,  Biblioteca  Nazionale  ‘Vittorio  Emanuele  III’,  ms.  XV  G  29,  cc.  122  sgg;  V.
                 D’Arienzo, La peste del 1656 nel Regno di Napoli attraverso l’opera di Salvatore De Renzi,
                 in Le epidemie nei secoli XIV-XVII. Atti delle giornate di studio (Fisciano, Università degli
                 Studi di Salerno, 13-14 maggio 2005), a cura di A. Leone e G. Sangermano, Laveglia,
                 Salerno, 2006, pp. 197-210.
                    112  La notizia si deve a I. Fusco, Peste, demografia e fiscalità nel Regno di Napoli del
                 XVII secolo cit., n. 55, p. 44.
                    113 Anonimo, Relazione del contaggio di Napoli e suo Regno cit., c. 122.
                    114  N. Pasquale, A’ Posteri della peste di Napoli e suo Regno nell’anno 1656 della reden-
                 zione del mondo, Luc’Antonio di Fusco, Napoli, 1668, p. 40.
                    115  Marco Antonio Alaymo, ad esempio, ammetteva che le processioni non avevano
                 mai sortito effetti positivi, ma affermava che quando a Palermo, nel 1624, si era portato
                 «il corpo sacro della gloriosa Santa Rosalia Vergine Palermitana per tutta la città», il
                 morbo non si era esteso: Consigli politico-medici cit., p. 210. Secondo Maurizio da Tolone,
                 in un lazzaretto, nel luogo dei ‘sospetti’, l’altare si doveva erigere «in mezzo del campo in
                 prospettiva di tutti»: Id., Trattato politico da pratticarsi ne’ tempi di peste cit., p. 69; cfr.
                 A. Pastore, Tra giustizia e politica: il governo della peste a Genova e Roma nel 1656-1657,
                 «Rivista storica italiana», I (1988), pp. 126-54, poi in Società italiana di demografia sto-
                 rica, Popolazione, società e ambiente. Temi di demografia storica italiana (secc. XVII-XIX),
                 Clueb, Bologna, 2009, pp. 631-57.
                    116  Sul problema è intervenuto M.A. Alaymo, Consigli politico-medici cit., p. 210.


                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018     n.44
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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