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L’aria innocente. Geronimo Gatta e le sue fonti 605
Su messe e processioni
Proprio perché la peste era ‘portata’ da semi invisibili, scrive Gatta,
era indispensabile guardarsi da tutti, non soltanto dagli ammalati:
«parendono in tal tempo tutti sani, e di buon colore, e con la peste
addosso, ne capelli, barba, vesti, e altro». Era perciò necessario evitare
le chiese, frequentate più di altri luoghi in tempo di peste. Gatta cita
un altro aforisma di Santorio in merito: Cur diu durat Pestis? Quia non
prohibent populi cursum ad templa. Sub dio sacra essent exercenda 107 .
Le messe andavano celebrate all’aperto, perché vi fosse la giusta
distanza tra una persona e l’altra e si potessero disperdere i veri veicoli
del contagio: «aliti, e expirati di contagiati, etiamdio incogniti» 108 .
Non era la prima volta che si sollevava la questione ‘processioni’ e
assembramenti in tempo di peste. Nell’importante Cultures of plague
di Samuel Cohn si legge che già Rocco Benedetti sostenne che le pro-
cessioni a Venezia, nel 1576, avevano avuto un chiaro effetto delete-
rio 109 .Per quel che riguarda Napoli, le funzioni religiose furono
indubbiamente i principali canali di diffusione della peste. Vari religiosi
zelanti fecero ‘uscire’ dalle chiese «immagini di venerazione» oppure le
esposero. Nella chiesa di San Domenico Maggiore, ad esempio, un certo
fra Andrea espose l’immagine della Vergine del Rosario, «la quale in
tutto questo tempo con ammirazione de devoti fu osservata con volto
mesto, e piangente». Frequenti furono poi le processioni in cui si giun-
geva anche ad autofustigarsi, come racconta, tra gli altri, il medico
Carlo Morexano: «il minore era andare vestiti di sacco, coverti di cenere,
e cinti di fune, stimando ancora per attione debole il battersi spietata-
mente con atroci discipline, si che il sangue scorreva loro per le spalle
a guisa di rivi» 110 .
L’impatto negativo di questi assembramenti apparve evidente
soprattutto dopo la processione che si tenne intorno alla metà di giu-
gno, verso la collina su cui doveva sorgere il convento voluto da Madre
107 Gatta, Di una gravissima peste, p. 6 e p. 102.
108 Ivi, p. 6.
109 S. Cohn, Cultures of plague. Medical Thinking at the end of Renaissance, Oxford
University Press, Oxford, 2010, p. 33; si riferisce a R. Benedetti, Novi avisi di Venetia, ne
quali si contengono tutti i casi miserabili, che in quella, al tempo della peste sono occorsi,
A. Benacci, Bologna, 1577, p. 11.
110 C. Morexano, Il torchio delle osservationi della peste di Napoli nell’anno M.DC.LVI
cit., pp. 18 sgg; in un’altra testimonianza (23 maggio), si legge che i fanciulli cammina-
vano «cinti di corde, con sassi al collo e corone di spine in testa»: P.L. Rovito, «Come le
roventi esplosioni del Vesuvio», «Rivista storica del Sannio», III serie, VI (1999), pp. 61-
124: p. 69.
n.44 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)