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                   L’aria innocente. Geronimo Gatta e le sue fonti                 609


                   che le sostanze nocive entrassero nel sangue  133 . Inutile e nocivo gli
                   sembrava invece il salasso pur se raccomandato da Ippocrate e Galeno
                   e ciò sia perché la peste non dipendeva da un vizio di sangue 134  sia per-
                   ché la flebotomia debilitava ulteriormente il paziente, portandolo alla
                   morte 135 .
                       Vari medici ormai la pensavano come lui. Gioseppe Balestra, che
                   aveva lavorato nel lazzaretto dell’isola Tiberina, esorta ad abbandonare
                   la pratica, pur se significava ignorare le prescrizioni degli Antichi: «Ma
                   ceda  pure  all’esperienza  e  al  senso  l’autorità  degli  Autori,  benché
                   grandi»! 136 Pur condividendo l’amarezza di Santorio per la ‘medicina in
                   tempo di peste’ 137 , Gatta mostra infine di avere fiducia nei cosiddetti
                   rimedi ‘interni’. Consiglia infatti di ricorrere a «Mercuri dolci, croco di
                   metalli, lacerta verde di Artmanno, Belzuar minerale», proposti dalla
                   «Scuola ermetica» e, in un suo antidotario (nelle ultime pagine del trat-
                   tato), offre una serie di ricette su come preparare dei composti 138 . Tra
                   gli  ingredienti,  sono  indicati  lo  spirito  di  vetriolo,  l’olio  di  zolfo 139 ,
                   l’oro 140 . ‘Ermetici’ erano per Gatta, oltre all’erudito Geber (considerato
                   il fondatore della «setta» ermetica) 141 , Paracelso e i paracelsiani: Quer-
                   cetano, Croll (citato già nella Consultatio medicorum praevia sectione
                   cadaverum pro preservatione et curatione pestis), Beguin, Hartmann.
                   Essi vengono citati a proposito dei rimedi diaforetici, che appunto cer-
                   cavano di elaborare (tra questi, vi era la famosa ‘pietra filosofale’ di cui



                      133  Ivi p. 181.
                      134  Ivi, p. 106; Gatta rinvia a vari testi galenici ed ippocratici in merito, tra cui il De
                   Hirudinibus, revulsione, cucurbitula, incisione et scarificatione, il commentario di Galeno
                   agli Aforismi, II, 29, il De differentiis, cap. IV, l’ippocratico Epidemie (VI).
                      135  Gatta, Di una gravissima peste, p. 125; il punto di vista non era raro: S. Cohn,
                   Cultures of plague. Medical Thinking at the end of Renaissance cit., pp. 35 sgg.
                      136  G. Balestra, Gli accidenti più gravi del mal Contagioso osservati nel lazzaretto
                   all’isola, con la specialità de’ medicamenti profittevoli, e sperimentati per lo spazio di sette
                   mesi cit., p. 34.
                      137  Cfr. gli aforismi n. 139 e n. 140, sulle sostanze nocive che si propinavano in tempo
                   di peste: G. Ruozzi (a cura di), Scrittori di aforismi cit., p. 624.
                      138  In alcuni casi senza l’aiuto del fuoco, in altri con questo (p. 115).
                      139  Sull’utilità dello zolfo, cfr. G. Ziino, G.A. Borelli medico e igienista, in CCCL anni-
                   versario della Università di Messina, Trimarchi, Messina,1900, parte II, pp. 3-40: p. 26.
                      140  G. Gatta, Di una gravissima peste, p. 101 e p. 220; sul rimedio, cfr. C. Crisciani-
                   M. Pereira, Black Death and Golden Remedies. Some Remarks on Alchemy and the Plague
                   in A. Paravicini Bagliani, F. Santi (a cura di) The Regulation of evil: social and cultural
                   attitudes to epidemics in the late Middle Ages, Sismel edizioni del Galluzzo, Firenze, 1998,
                   pp. 7-39: p. 11.
                      141  G. Gatta, Di una gravissima peste, p. 144; Massimo Marra si è soffermato sull’in-
                   teresse di Severino per i testi di ambito alchemico di Giovanni Brancesco, autore di Espo-
                   sitione di Geber Filosofo (Venezia, 1544); cfr. Id., Pulcinella chimico di Severino Scipione
                   (1681). Uomini ed idee dell’alchimia a Napoli nel periodo del Viceregno, Mimesis, Milano,
                   2000, p. 163, n. 143.


                   n.44                         Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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