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                 erano riusciti a trovare vari corrispettivi, per quel che riguardava gli
                 effetti) 142 . Nel suo esplicito apprezzamento nei confronti della medicina
                 ermetica, Gatta si distanzia da Santorio, mentre appare risentire del-
                 l’influenza degli ambienti napoletani in cui da anni si praticavano espe-
                 rimenti,  nonostante  l’avversione  dei  galenisti  e  delle  autorità
                 politiche 143 .
                    In coerenza con le sue convinzioni sull’origine della peste e confor-
                 tato da un altro aforisma di Santorio, Gatta infine suggerisce di non
                 effettuare lo spurgo durante la peste, poiché i ladri, sottraendo al fuoco
                 vari oggetti e suppellettili, avrebbero potuto diffondere ulteriormente il
                 ‘fomite’ 144 . Così come si effettuava, lo spurgo era solo un inutile spreco
                 di tempo e denaro, voluto da «medicastri», che non erano stati bravi a
                 vincere la «guerra» e facevano delle «bravure», allora che era finita. Era
                 invece sempre utile esporre all’aria suppellettili e oggetti dell’appestato
                 e aprire la sua dimora perché vi entrasse il vento, che avrebbe spazzato
                 via ogni eventuale residuo di ‘fomite’.


                 Conclusioni

                    Proviamo ora a rispondere alla domanda perché Gatta citi così di fre-
                 quente gli aforismi di Santorio. È fin troppo scontato affermare che in
                 essi vedeva i princípi che a suo avviso erano deducibili dal modo in cui
                 si era sviluppata l’epidemia a Napoli e nel regno. Vi è però anche altro:
                 anzitutto, Santorio poteva essere considerato un medico innovativo (che
                 il coraggio di criticare gli antichi non gli mancasse attesta la sua Metho-
                 dus vitandorum errorum 145 ), ma non ‘di rottura’ rispetto alla tradizione.





                    142  Gatta cita in una prospettiva sincretica paracelsiani e galenisti: Di una gravissima
                 peste cit., p. 144; la battaglia in favore dei rimedi chimici non era vinta se Giuseppe Don-
                 zelli  nel  suo Teatro farmaceutico, dogmatico, e spagirico,  G.F.  Paci,  G.  Fasulo,  e  M.
                 Monaco, Napoli, 1675, si scaglierà contro i Dogmatici, «nemici aperti della Chimica», che
                 hanno «maledetto tutta l’Arte Hermetica […]» (p. 14).
                    143  Cfr. A. Perfetti, L’alchimia a Napoli tra Cinquecento e Seicento: Leonardo Fioravanti
                 e Giovan Battista della Porta in M. Bosse, A. Stoll (a cura di), Napoli viceregno spagnolo.
                 Una capitale della cultura alle origini dell’Europa moderna (secc. XVI-XVII), t. I, Vivarium,
                 Napoli, 2001, pp. 311- 328; M. Marra, Il Pulcinella chimico cit.. Negli anni precedenti,
                 l’insegnamento (privato) della chimica era stato proibito: cfr. M. Torrini, L’Accademia
                 degli Investiganti cit., p. 849. Gatta davvero sembra godere della breve «tregua» che dopo
                 la peste cominciò tra novatori e tradizionalisti, di cui ha parlato Torrini, in Tommaso
                 Cornelio e la ricostruzione della scienza cit., p. 153.
                    144  Gatta, Di una gravissima peste, p. 228.
                    145  Si veda ad esempio S. Sanctorii, Methodi vitandorum errorum […] De inventione
                 remediorum liber, Apud Petrum Aubertum, Genevae, MDCXXX, p. 199, in cui prende
                 esplicitamente le distanze da Galeno.


                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018     n.44
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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