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L’aria innocente. Geronimo Gatta e le sue fonti 611
Sembra una posizione simile a quella che vuole assumere Gatta: le
lezioni degli antichi andavano conservate, a meno che non fossero state
smentite in modo chiaro dall’esperienza 146 . Inoltre, evidentemente Gatta
preferiva gli aforismi di Santorio ai trattati lunghi e verbosi scritti sulla
peste, in cui si indicavano molte cause e molti rimedi, confondendo i let-
tori e inducendoli a sbagliare. Molto probabilmente piaceva a Gatta
anche il parlare ‘per esempi’, che attestavano la verità di una tesi (come
i ‘casi’ che si sono ricordati delle monache o dei monatti, che non si infet-
tavano, pur toccando tanti cadaveri). Non sappiamo come Gatta si sia
avvicinato a Santorio; senz’altro era un autore noto nel contesto napo-
letano, forse anche per la sua vicinanza a Galileo Galilei 147 . Marco Aure-
lio Severino lo cita in più di un’opera 148 . Come si è visto, lo conosceva
Borelli. Gli aforismi di Santorio hanno sicuramente contribuito molto a
rendere il discorso di Gatta sulla peste uno dei più coerenti e meglio fon-
dati. Si consideri che, come si è ricordato, solo quattro anni più tardi
sarebbero usciti i Progymnasmata di Tommaso Cornelio, in cui la causa
della peste era finalmente indicata negli aliti degli appestati.
Il silenzio sui medici e scienziati più illustri a Napoli (tra cui lo
stesso Cornelio) non ci scoraggia dal ritenere che Gatta abbia avuto
modo di conoscere qualcuno di essi e ciò non solo perché erano ben in
vista, ma anche per un dato interessante, fin qui inedito: per la paren-
tela tra Beatrice Caracciolo, dedicataria del trattato, e Andrea Concu-
blet (il marchese che ospitò nel proprio palazzo a Napoli l’Accademia
degli Investiganti, dopo la peste) e tra la stessa e il principe di Avellino
(Francesco Marino Caracciolo). Tra Gatta e i ‘novatori’ napoletani vi
sono inoltre delle chiare convergenze: essi convergono sulla determi-
nazione a perseguire una visione sempre più chiara delle cause dei
morbi a dispetto di chiusure e di difese di posizioni di potere, sulla con-
vinzione dell’importanza dell’esperienza e di una teoria che ne tenesse
adeguatamente conto, sul ‘corpuscolarismo’ 149 , sull’interesse per l’al-
146 Come è stato osservato, «l’ipotesi da cui prende le mosse la sperimentazione di
Santorio è ancora l’antico presupposto ippocratico-galenico che la salute è dovuta
all’‘eucrasia’ degli umori»: G. Cosmacini, Storia della medicina e della sanità in Italia cit.,
p. 154.
147 Cfr. in merito M. Del Gaizo, Ricerche storiche intorno a Santorio Santorio cit.
148 Severino cita il De statica medicina e i Commentaria in artem medicinalem (1612),
solo per fare qualche esempio, nel volume De recondita abscessuum natura libri VII (1632;
ed. Lovanio, 1724, p. 11); rinvia alla Methodus in Vipera Pythia, P. Frambotto, Padova,
1650, pp. 388-89.
149 Oltre ai saggi già citati, sono ancora utili le sintesi di N. Badaloni, Fermenti di vita
intellettuale a Napoli dal 1500 alla metà del ‘600 in Storia di Napoli, vol. V, 1, Società edi-
trice ‘Storia di Napoli’, Napoli, 1972, pp. 643-689 e B. De Giovanni, La vita intellettuale
a Napoli fra la metà del ‘600 e la restaurazione del regno, in Storia di Napoli, vol. VI,
Società editrice ‘Storia di Napoli’, Napoli, 1970, pp. 403-534.
n.44 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)